top of page

Titolo grande

Avenir Light una delle font preferite dai designer. Facile da leggere, viene utilizzata per titoli e paragrafi.

Cerca
Immagine del redattoremichemar

Priscilla (2023)

Priscilla

Italia/USA 2023 biografico 1h53’

 

Regia: Sofia Coppola

Soggetto: Priscilla Presley, Sandra Harmon (memorie “Elvis and Me”)

Sceneggiatura: Sofia Coppola

Fotografia: Philippe Le Sourd

Montaggio: Sarah Flack

Musiche: Phoenix

Scenografia: Tamara Deverell

Costumi: Stacey Battat

 

Cailee Spaeny: Priscilla

Jacob Elordi: Elvis

Ari Cohen: cap. Beaulieu

Dagmara Domińczyk: Ann Beaulieu

Tim Post: Vernon Presley

Lynne Griffin: nonna Dodger

Luke Humphrey: Terry West

Stephanie Moore: Dee

 

TRAMA: Quando l’adolescente Priscilla Beaulieu incontra Elvis Presley, mentre presta servizio militare in Germania, lui è già una superstar del rock’n’roll, ma nel privato scoprirà un uomo completamente diverso.

 

Voto 6 –



Sofia Coppola e le sue donne. Ancora una volta il suo obiettivo punta sulla figura femminile della storia, rendendola assoluta protagonista, nonostante, in questo caso, l’ingombrante comprimario. Di sicuro, lei sarà rimasta contenta che il collega Baz Luhrmann nel suo Elvis abbia solo sfiorato la personalità di Priscilla Beaulieu, la donna che diventa la moglie del re, e in tal modo ha potuto sviluppare pienamente la scrittura e in totale indipendenza e senza paragoni tutto il contenuto di questa sua ultima opera. E lo fa cogliendola sin dalla sua adolescenza, quando, nel 1959, ancora quattordicenne, viene in contatto col giovane rocker nel periodo che sia la sua famiglia – un padre capitano dell’esercito USA – che Elvis sono di stanza nella base americana di Bad Nauheim, nella Germania occidentale. Ad una festa della cittadella militare, incontra Elvis, che era stato arruolato all’apice della sua fama. È un colpo di fulmine, un amore a prima vista: lui mostra subito interesse per la ragazzina, lei è incantata come tutte le sue coetanee, e iniziano a frequentarsi casualmente, nonostante le preoccupazioni dei suoi genitori sulla differenza di età e sullo status di celebrità del cantante, il quale alla fine del servizio militare ritorna negli Stati Uniti, perdendo i contatti con Priscilla lasciandola avvilita, ma con la promessa che si rifarà vivo.



Nel giugno del 1962, Elvis riallaccia i rapporti con Priscilla e la invita a fargli visita a Memphis, nel Tennessee, per una vacanza nella sua lussuosa Graceland. Prima di portarla a Las Vegas, lascia cartoline per i suoi genitori che devono essere spedite dal suo assistente. Si godono Las Vegas e poi lei torna in Germania. Nel 1963, professando il suo amore, Elvis chiede ai suoi genitori se Priscilla può vivere con suo padre, Vernon, e la matrigna Dee, a Memphis e frequentare una scuola privata cattolica femminile. I Beaulieu sono d’accordo e così Priscilla si trasferisce per finire il suo ultimo anno di liceo. Da quel momento il rapporto è conclamato per i familiari ma non per l’opinione pubblica, perché, tenendo nascosta questa relazione, il cantante lascia intatto il mito della sua persona per le centinaia di migliaia di adoranti fans. Una volta sposatisi, non cambia molto la situazione ma viene fuori il pessimo carattere della celebrità: uomo possessivo e libertino, le cui storie con le dive del cinema, come Ann-Margret o Nancy Sinatra, vengono conclamate dalle riviste di gossip. La giovane sposa soffre ma è prigioniera della reggia del marito e vive una vita solitaria e sacrificata, con continui andirivieni di sentimenti e voglia di fuga. Fino al giorno in cui si deciderà di affrontare la vita da sola con la piccola figlia, proprio nel periodo in cui lui sta diventando il mito con il ciuffo sulla fronte, gli occhiali scuri e il bavero alto dei suoi costumi con paillettes, bianchi o colorati.



Se c’era bisogno di dimostrarlo, il film di Coppola lo fa immediatamente anche se con un lento ritmo: è affascinante e parimenti complesso vivere all’ombra di un gigante e la povera Priscilla ne soffre parecchio, dopo essersi illusa di poter avere una vita normale accanto all’uomo di cui è senz’altro innamorata. Lo è anche lui, a dire il vero, ma il modo maschilista di trattarla – anche rifiutando ogni tipo di sesso fin quando non si sposano – limita parecchio il potenziale rapporto felice e appagante dal punto di vista morale. La narrazione di questi anni avanza con estrema flemma, metodo che alla regista serve indubbiamente ad accentuare la noia e la monotonia dell’esistenza della giovane donna, spesso sola in ogni occasione in cui Elvis deve partire per il set dei tanti film che gira. Lui va e viene, le proclama amore infinito, le fa regali costosi, ripete che è il suo amore eterno, smentisce tutti i tradimenti rivelati dalla stampa, le fa tante promesse, ma di frequente la lascia nella sua noia per i concerti che lo tengono lontano per settimane (“Vedrai, dammi qualche giorno e torno”, “Tieni il focolare acceso”) – dice che non è il caso che lei e la figlia lo seguano – e per i film a cui non può rinunciare. In più, tante pasticche per dormire (meglio addormentata che dia meno fastidio?), per stare vispi, per rilassarsi, come uno spacciatore. E sappiamo come andrà a finire. Intanto, il futuro sarà il loro. Sì, ma quando.



È di certo una favola scintillante ma dentro è buia, monocorde, noiosa, un po’ – purtroppo – come il film, in cui in pratica non succede mai nulla, è l’opposto di un film avvincente. Non accade niente di interessante o di clamoroso e si trascina tra i tanti ritorni a Graceland di lui e le attese insopportabili di lei, aspettando le nuove fiammate di entusiasmo che Elvis porta ogni volta che ritorna con la sua band. In pratica è un lentissimo percorso che porta solo al momento in cui Priscilla capisce che non avrà altro da quell’uomo, che la sua vita non cambierà mai e nel momento che lo capisce sa che è meglio dare un taglio e cancellare le speranze di ciò che credeva che sarebbe accaduto. Se il film di Luhrmann celebra la grandezza della star, Coppola lo denuda e mette in risalto la figura della donna, come ha fatto in precedenza con le ragazze di Il giardino delle vergini suicide, Lost in Translation – L’amore tradotto, ma soprattutto con Marie Antoinette. E riecco allora il montaggio che lega scarpe, stoffe, abiti, soprammobili, dischi, bracciali, l’immensità della reggia (lì Versailles, qui Graceland), i mille occhi femminili che assediano, osservano e criticano, auto di lusso. Nel frattempo, lui le fa cambiare la tinta dei capelli, le sceglie il guardaroba, le regala pistole in sintonia con l’outfit. Persino un cagnolino. Non c’è dubbio, il film sembrerà violento e ingiusto ai fans di Elvis, ma lo scopo della cineasta non è (solo) demistificare l’icona: chiunque abbia vissuto una relazione tossica riconoscerà i meccanismi di premio e svalutazione che Elvis attua con la giovane compagna, impedendole di andarsene eppure non lasciandola mai realmente avvicinarsi. E se la regista voleva meravigliare il pubblico, soprattutto quello ignaro della vera storia, ci riesce totalmente e se ne resta pietrificati. Una prigione dorata a vita.



Non ne sono rimasto entusiasta (eufemismo), non mi ha appassionato più di tanto, anzi, ogni tanto mi chiedevo quando sarebbe successo qualcosa di veramente significativo. Ed invece, faccio parziale ammenda, era proprio quello che voleva raccontare Sofia Coppola. Mi è parso, cioè, che la monotonia del film rispecchi quella vissuta dalla protagonista ma utilizzando al meglio le caratteristiche del suo cinema: fotografia ottima, colori pastello accentuati, eleganza persino nel modo di inquadrare, dialoghi misurati e precisi, cura dei particolari, nessun oggetto casuale o fuori posto, dettagli studiati: è il suo cinema, come e più di prima. Ma questo basta a farne un grande film? Giammai!



Che la regista punti molto sul corpo recitativo lo si intuisce ben presto, sin dalle prime sequenze, dove l’eccellente Cailee Spaeny (che ritroviamo in Civil War di Alex Garland) viene messa più che in risalto da primi piani che esaltano la sua bellezza precoce e la sua adolescenziale carnalità: occhi spalancati, meravigliati ed estasiati nel cogliere l’invito del militare amico di Elvis per partecipare al party galeotto. È sufficiente qualche inquadratura per farci intendere che il cantante si innamorerà inevitabilmente di questa bellissima fanciulla. L’attrice è davvero brava, e per tutto il film, ma con la complicazione che in seguito, con la piattezza della narrazione, si atrofizza anche l’interpretazione e non si possono notare grandi cambiamenti anche di espressioni. Ma l’incipit è potente e la Spaeny fa sfoggio di tutte le potenzialità che possiede e che col tempo saprà certamente coltivare: il futuro, quello suo, come quello del personaggio, è sicuramente suo. Con tutto ciò, ha destato comunque stupore la Colpa Volpi vinta a Venezia 2023, parso un po’ azzardato ma che ha premiato la sua grande propensione a restituirci un dolore trattenuto, educato, disorientato, mentre l’ombra ingombrante del suo uomo agiva quasi totalmente fuoricampo. La si intuisce, la udiamo raccontare di rimbalzo, ma non interessa alla sceneggiatura coppoliana. Lui è Jacob Elordi, faccia da pirata dei sentimenti e delle emozioni, che nello stesso 2023 esce con lo spiazzante Saltburn, con un ruolo ancora peggiore dal punto di vista umano, e noto anche al pubblico seriale per Euphoria.



Inappuntabile come sempre la regia e la messa in scena, ma è il risultato nel complesso che mi ha deluso ed ora come ora non mi rimetterei a vederlo, anche perché mi ha parecchio disturbato il suono in presa diretta per via della voce bassa e profonda di Elordi che causava una fastidiosa distorsione (film visto con audio 5.1). Di Elvis si ascolta forse un solo brano, quindi l’artista è quasi totalmente assente nella musica ascoltata, ma imperversano molto piacevolmente – oltre al commento musicale dei francesi Phoenix – i Ramones (Baby, I Love You), Frankie Avalon (Venus), Ray Charles (A Fool for You), Tommy James and the Shondells (Crimson and Clover), Santo & Johnny (Sleep Walk), Carlos Santana (Oye como va) e tanti altri.



Un film di due solitudini, una cercata per divismo e presunzione, l’altra inflitta per mascolinità tossica. Un film di esaltazione della parte femminile, ma anche di inquinamento di un mito intoccabile artisticamente.



Riconoscimenti

Golden Globe 2024

Candidatura alla migliore attrice in un film drammatico Cailee Spaeny

Venezia 2023

Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile a Cailee Spaeny



13 visualizzazioni0 commenti

Post correlati

Mostra tutti

Land (2018)

Commentaires


Il Cinema secondo me,

michemar

cinefilo da bambino

bottom of page