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Romeo è Giulietta (2024)

Romeo è Giulietta

Italia 2024 commedia 1h45’

 

Regia: Giovanni Veronesi

Sceneggiatura: Giovanni Veronesi, Pilar Fogliati, Nicola Baldoni

Fotografia: Giovanni Canevari

Montaggio: Patrizio Marone

Musiche: Andrea Guerra

Scenografia: Veronica Rosafio

Costumi: Gemma Mascagni

 

Sergio Castellitto: Federico Landi Porrini

Pilar Fogliati: Vittoria / Otto Novembre

Domenico Diele: Rocco

Maurizio Lombardi: Lori

Geppi Cucciari: Gloria

Serena De Ferrari: Gemma

Margherita Buy: Clara

Alessandro Haber: Giovanni Festa

 

TRAMA: Vittoria, giovane attrice, viene umiliata durante un provino per il ruolo di Giulietta. Decisa a dimostrare il suo talento, si traveste da uomo e si presenta come Otto, ottenendo la parte di Romeo.

 

Voto 6



Come racconta la Storia, le donne non hanno potuto recitare in teatro in diverse epoche e culture. Nell’antica Grecia, ad esempio, le donne non potevano nemmeno assistere alle rappresentazioni teatrali e i ruoli femminili erano interpretati da uomini. Anche nel Medioevo il teatro era bandito dalla Chiesa e solo le rappresentazioni religiose erano permesse, ma i ruoli femminili continuavano ad essere interpretati da maschi. La situazione iniziò a cambiare solo nel Rinascimento. In Italia, le donne cominciarono a recitare nella Commedia dell’Arte nel XIV secolo. In Inghilterra, fu solo con la Restaurazione di Carlo II nel 1660 che le donne poterono finalmente apparire sui palcoscenici. Al proposito, il cinema si è ogni tanto interessato all’argomento anche con film di grande successo, anche rapportandolo sotto forma di commedia. L’esempio più eclatante degli ultimi anni è rappresentato da Tootsie di Sydney Pollack, ma quello più teatrale vicino al classico, per mostrare le acrobazie di una donna che trova un clamoroso escamotage per recitare sul palcoscenico, ancora una volta nei panni di un uomo, è stato senz’altro il premiatissimo Shakespeare in Love di John Madden (7 Oscar e 3 Golden Globe).



Giovanni Veronesi, con l’aiuto consistente e influente di Pilar Fogliati, viaggia a metà strada tra questi due enormi successi americani traendo una discretamente (non di più) simpatica commedia per raccontare, tramite alcuni personaggi esuberanti, le peripezie di una promettente attrice e autrice di teatro. Vittoria (la Fogliati) avrebbe le potenzialità per interpretare una giusta Giulietta nella tragedia tra le più famose di Shakespeare ma non viene accettata, qui e altrove, per un clamoroso caso di plagio in cui è incappata e di cui si vergogna: aveva copiato il testo di un’artista sudamericana e ne aveva tratto una pièce portata nei teatri come propria. Considerata “ladra”, è rifiutata in diversi provini, come quello appunto allestito dal regista interpretato da Sergio Castellitto, Federico Landi Porrini, un personaggio bollito e presuntuoso ed evitato dai grandi circuiti (“Io sono uno dei più grandi registi teatrali in vita mai esistiti”), che è riuscito a convincere gli organizzatori dell’importante Festival di Spoleto ad accettare il suo “Romeo e Giulietta”. Cosa può studiarsi Vittoria per farsi arruolare nel ruolo che lei conosce benissimo, convinta che le sia congeniale? Necessita inventarsi qualcosa, alla pari di Dustin Hoffman e Gwyneth Paltrow: travestirsi nel sesso opposto.



Non nascondo che l’incipit del film lascia un po’ spiazzati, con un monologo da parte del regista teatrale Landi Porrini che si trova a dover spiegare le ragioni dietro l’ennesima riproposizione della celeberrima opera shakespeariana. Dopo i titoli di testa - duranti i quali si vede e si ascolta Alessandra Tumolillo che canta e suona alla chitarra il meraviglioso testo di Eduardo De Filippo “Si t'o sapesse dicere”, su musica di Antonio Sinagra, che per le difficoltà oggettive di audio e comprensione del testo avrebbe meritato almeno i sottotitoli - questa spiegazione viene data non solo al suo team seduto tra le prime file del teatro dove parla, ma anche alla responsabile del Festival e al pubblico dello schermo. Il film diretto da Giovanni Veronesi, quindi, si propone di offrire una nuova interpretazione dell’opera classica, giocando con le parole e trasformando una congiunzione in un verbo.



Il film si suddivide in due tronconi paralleli: da un lato l’ultimo guizzo di un regista poco gradito dall’establishment perché non più stimato, che chiede di portare sul palcoscenico del prestigioso Festival la sua ultima creatura; dall’altro le acrobazie e la vendetta della protagonista Vittoria, accusata di plagio e umiliata dal regista durante la sospirata audizione, che si ripresenta vestito da uomo con il nome di Otto. Otto Novembre come la sua data di nascita. Ruolo che ottiene con meraviglia sua e con entusiasmo del regista, prendendosi una clamorosa rivincita e riscuotendo anche un inaspettato successo nell’esibizione nella città umbra. Veronesi non decide, in verità, su quale personaggio puntare principalmente l’attenzione dello spettatore, a cui pare lascia decidere, però resta innegabile che all’uomo dedica la parte maggiore del film, mostrando il suo rapporto non facile con l’ambiente, i suoi tormenti creativi, e la difficoltà a scegliere i giovani attori assolutamente inadeguati per i ruoli importanti della tragedia. Ne caccia in malo modo tanti, ficcandosi in un cul-de-sac quando è costretto dalle circostanze ad accettare una influencer molto seguita che recita, però, malissimo il ruolo che deve affidarle: Giulietta. La quale deve amoreggiare e baciare il suo carissimo amato, interpretato da Vittoria che nessuno intuisce essere una donna. Merito supremo della truccatrice di scena Gloria (sempre pimpante Geppi Cucciari) che l’ha saputa trasformare perfettamente in un giovane, tanto da essere creduta da tutti.



L’unica persona che ha qualche dubbio e che crede di aver incontrato altrove quel “giovanotto” è il suo compagno Rocco (Domenico Diele), altro aspirante attore che non riesce ad avere che qualche minima partecipazione in alcuni film o fiction. Questi, che fa intanto il rider su monopattino per mantenersi, viene improvvisamente chiamato dalla segretaria di Landi Porrini per l’infortunio dell’attore che doveva coprire il ruolo di Mercuzio: i due fidanzati si ritrovano così sulle stesse assi del palcoscenico con il terrore da parte di Vittoria che salti tutta la sua messinscena, perdendo la faccia ed il sospirato lavoro. Siamo insomma a cavallo tra i citati successi americani e la piena e totale commedia all’italiana di questi anni. Sotterfugi, menzogne, travestimenti, situazione comiche (in)volontarie. È il cinema che va oggi di moda in Italia.



Intanto il film si concentra sulla matura relazione tra il regista teatrale ed il suo braccio destro, Lori (il sempre bravo Maurizio Lombardi), compagno e fedele, nonostante i capricci di primadonna di Federico e la mai ricambiata espansività che si aspetta. E la segue anche troppo, fino a far pensare che forse ha oscurato troppo il filone più importante, e cioè le traversie che Vittoria deve affrontare per arrivare con certezza al debutto e riconquistare la stima dell’ambiente teatrale per tornare ad esibirsi con costanza nell’arte che ama.



Nonostante ciò, il film rimane una commedia sufficientemente piacevole per lunghi tratti, basandosi su una buona sceneggiatura che dimostra sia la lunga esperienza di Giovanni Veronesi, sia la prorompente ascesa artistica di una ragazza con evidenti doti recitative e creative, quella Pilar Fogliati tanto presente negli ultimi film italiani. Una ragazza piena di inventiva ed espressività. I dialoghi sono in buona parte ben scritti, le battute sagaci, ed il cast di supporto è importante e vede anche Alessandro Haber e Margherita Buy. I veri problemi sorgono intorno alla metà del film quando, dopo una accettabile partenza, si attorciglia su se stesso e si perde in sequenze e dialoghi che hanno poco mordente, soprattutto le insulse scene in cui Rocco, nutrendo dei dubbi sulla vera identità di Otto, escogita espedienti per ritrovare la sua amata Vittoria sotto gli abiti maschili ed il naso finto.



Chi splende di luce propria è, ribadisco, oltre alla risaputa bravura di Castellitto, la ottima Fogliati bravissima anche come sceneggiatrice; Sergio Castellitto si trova talmente a suo agio, essendo anche regista nella vita, che il ruolo gli si confà a pennello, anzi dimostrando ancora una volta – a mio parere – di essere più bravo come attore che come regista vero; Domenico Diele fa il suo lavoro con zelo, senza errori e neanche acuti; Maurizio Lombardi si conferma in pieno con la sua grande predisposizione per i ruoli più diversi; Geppi Cucciari non sbaglia mai quando le affidano ruoli congeniali: Alessandro Haber recita con la consueta personalità il produttore senza soldi e sempre a caccia di finanziamenti; Margherita Buy è un mistero: perché mai il regista l’ha ingaggiata per un ruolo da vecchi decrepita? Mistero.



Sergio Castellitto spiega il suo fervore: “Il film è una commedia pura: tocca un argomento serio e lo prende affettuosamente a schiaffi. Mi sono divertito a togliermi qualche sassolino dalle scarpe, perché si pensa sempre che i mitomani siano gli attori, ma in realtà il vero mitomane è il regista. Diciamo che mi sono divertito a raccontare qualche grande regista del passato più o meno dotato di sciarpa! Ma c’è anche il grande amore che nutro per il teatro: il cinema è stato la mia amante, il teatro è mia nonna.”



Pilar Fogliati (nome d’arte di María Del Pilar Fogliati): “Mi ha divertito tantissimo interpretare Otto. È stato bellissimo tutto il percorso, dal momento in cui lo abbiamo immaginato fino a quando gli ho dato vita. Ho dovuto trovare la voce, la postura, il modo di esprimersi, l’atteggiamento e ogni minimo dettaglio. Otto è un personaggio che si nasconde, che è impacciato, che si sente un po' indegno in tutto quello che gli accade, anche l’aver ottenuto la parte di Romeo lo fa stare in imbarazzo perché capisce che gli è bastato mettersi una maschera e all’improvviso tutti lo vogliono! A casa ho ancora il naso del trucco di Otto e ogni tanto me lo metto per gioco.” E brava si è dimostrata davvero.



Giovanni Veronesi: “Ho scoperto con questo film che, quando lo vedo e lo rivedo, mi piace sempre. Trovo sia una specie di macchina da guerra che funziona, che cresce, che ha un finale molto emozionante. Anche le risate sono sparse intelligentemente durante tutto il film, senza far sì che la pellicola diventi comica ma con la capacità che le risate importanti ti restino addosso. Secondo me è stato fatto un bellissimo lavoro di sceneggiatura (fatta anche da Pilar Fogliati e Nicola Baldoni) e ho avuto la fortuna di trovare attori in splendida forma! Guarda Sergio Castellitto, ad esempio, te lo ricordavi così sexy? È molto più sexy adesso di dieci anni fa. Tutte sul set erano innamorate di lui.”

Come dire, ogni scarrafone è bello a mamma soia: ogni regista ama ciò che realizza.



Perché, in verità, è solo un film passabile e discretamente divertente a momenti e sicuramente, non inventando granché, sarebbe stato necessario un maggiore audacia per rendere l’opera veramente attraente. Se c’è una sorpresa, come da schema classico, la troviamo nel finale di certo sorprendente, che serve giusto a Castellitto per correggere la congiunzione nel verbo ausiliario. Un tocco di rossetto e Romeo è Giulietta. Chissà Shakespeare…

Un passabile intrattenimento.



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