Sette minuti dopo la mezzanotte
(A Monster Calls) USA/Spagna/UK 2016 fantasy 1h48’
Regia: Juan Antonio Bayona
Soggetto: Patrick Ness (romanzo, da una ida di Siobhan Dowd)
Sceneggiatura: Patrick Ness
Fotografia: Óscar Faura
Montaggio: Bernat Vilaplana, Jaume Martí
Musiche: Fernando Velázquez
Scenografia: Eugenio Caballero
Costumi: Steven Noble
Lewis MacDougall: Conor O'Malley
Sigourney Weaver: la nonna Clayton
Liam Neeson: il Tasso, il “mostro” (voce italiana Alessandro Rossi)
Felicity Jones: Elizabeth “Lizzie” Clayton
Toby Kebbell: O'Malley
Ben Moor: Clark
James Melville: Harry
Geraldine Chaplin: la preside
TRAMA: Conor è un ragazzino che vive una vita difficile: sua madre sta morendo di cancro, a scuola è vittima di bullismo e ha una pessima relazione con la nonna e il padre. L'unica cosa che gli dà felicità è il disegno. Una notte viene visitato da un enorme essere simile a un albero umanoide, venuto per raccontargli tre storie e averne in cambio una da lui, legata alla sua realtà. Inizia così un legame che aiuterà il bambino a superare la sua infelicità.
Voto 6,5
Conor (Lewis MacDougall) è un bambino triste e solitario. All'età di 12 anni, è troppo vecchio per essere un bambino, troppo giovane per essere un uomo. La sua amata madre (Felicity Jones) sta morendo di cancro, suo padre (Toby Kebbell) vive dall'altra parte dell'Atlantico e raramente vede il figlio e la moglie, sua nonna (Sigourney Weaver) è fredda e prepotente, e i suoi giorni di scuola sono resi infernali dai bulli. In breve, il ragazzo ha una vita che nessuno invidierebbe. Poi, una notte, arriva il mostro (con la voce di Liam Neeson). “Sono venuto per te, Conor”, esclama. Realizzato con la corteccia, le radici e i rami di un gigantesco albero di tasso che si trova a pochi passi, il mostro arriva a mezzanotte e 7 minuti e informa il ragazzo spaventato che tornerà altre quattro volte. Nelle prossime tre visite racconterà a Conor una storia. Poi lui deve ricambiare e rivelargli il suo incubo più oscuro.
Le tre storie che il cosiddetto mostro ha intenzione di raccontare illustrano l'ambiguità della natura umana con le sue ben note caratteristiche, belle e brutte: il bene e il male, la rabbia e la gentilezza, la paura e la brutalità, mescolati insieme. Ma dimostrano anche la follia di credere in un toccasana magico che risolva sempre ogni problema, che faccia finire ogni racconto, come siamo abituati, tutti felici e contenti. La prima storia ha un re morente, una matrigna malvagia, un principe e un sincero amore, personaggi e sentimenti che deluderanno una volta che le aspettative si riveleranno infondate. La seconda storia racconta la lotta tra uno speziale e un parroco dove la miopia dell'uno e l'egoismo dell'altro sfociano in tragedia. Infine, il mostro racconta a Conor di un uomo invisibile che vuole essere visto. Poi sarà il turno del ragazzo, a cui toccherà rivelare il suo incubo per saperlo affrontare. Lui ha paura di questo strano accordo, perché sente che, una volta rivelata, la sua “verità” lo potrà distruggere. Non sarà così.
Il film è scaturito dal romanzo fantasy di Patrick Ness che ha una dolorosa storia editoriale: Siobhan Dowd, scrittrice e attivista inglese, era malata terminale di cancro quando concepì la trama e morì poco prima di iniziare a scriverla. Aveva discusso e firmato un contratto con un editor che a sua volta aveva già lavorato anche con Patrick Ness. Dopo la sua morte nel mese di agosto del 2007, la casa editrice concordò con quest’ultimo per scrivere finalmente la storia. Le illustrazioni furono quindi affidate a Jim Kay. Il film, come il libro, rappresenta un'esplorazione inaspettatamente potente e assolutamente non sdolcinata del dolore e dei sentimenti meno nobili che può generare. Lo scopo del mostro non è infatti, come Conor inizialmente suppone, quello di salvare la mamma o punire i bulli della scuola, di vendicare cioè i soprusi che sopporta, bensì è quello, nobilissimo, di guarire il giovanottino, il cui tumulto emotivo ha raggiunto un punto di non facile sopportazione. Al mostro piacerebbe che finalmente la rabbia si possa sfogare, la tristezza si possa superare, e solo allora sarà in grado di andare avanti da solo e con la forza necessaria. Più di ogni altra cosa, deve essere in grado di accettare ciò che sta accadendo a sua madre per poterle dire addio con rassegnazione e compostezza.
Un film per famiglie? Per nulla, come non è neanche solo per bambini, perché potrebbe anche essere troppo intenso per i più giovani e sensibili tra loro. Il film tratta temi per adulti ed è destinato a spettatori abbastanza maturi, che siano cioè in grado di assorbirli e comprenderli. È abbastanza profondo e forte e lascia un'impressione che fa riflettere. Il motivo, in fondo, è semplice: ognuno di noi – ammettiamolo – ha i suoi “mostri”, che sono quegli impulsi oscuri che dimorano nei meandri più profondi della nostra mente, che di tanto in tanto si spingono per raggiungere la nostra coscienza. E il film, infatti, pone (anche se non risponde) la domanda se tali mostri possano, oltre a far nascere impulsi violenti e distruttivi, essere una fonte di forza interiore che ci soccorra nelle situazioni difficili (mancanze improvvise, delusioni profonde, e via dicendo). Lo si può notare osservando il nostro piccolo protagonista, che viene ripetutamente buttato a terra dalle vicende negative che gli si presentano, dove però il suo mostro gli permette di superare il più brutale di questi incidenti e di emergere più forte. È tutto vero? È tutto possibile e reale? Beh, e cosa importa? La narrazione lascia anche aperta la possibilità che il mostro possa essere più che altro il frutto dell'immaginazione di Conor, può succedere. Il cinema ci ha spesso abituati a trame al confine tra la realtà ed il sogno, ne sa qualcosa la giovane Dorothy del mago di Oz.
Lo spagnolo Juan Antonio Bayona, già autore di The Impossible, indovina il giusto registro, lievemente cupo come devono essere i racconti fantasy per giovani, a cavallo con l’horror, destreggiandosi tra i tanti (troppi?) argomenti molto seri che il giovane Conor deve affrontare per poter e dover maturare, con il risultato di un film piacevole ed interessante. Il buon cast sicuramente gli dà una buona mano, a cominciare dalla perfida nonna interpretata da Sigourney Weaver.
Sicuramente è un’opera che richiama alla mente il più famoso Il labirinto del fauno: a proposito, chissà cosa ne avrebbe ricavato il buon Guillermo del Toro.
Il regista: “I personaggi si trovano in una situazione ansiogena, con lo spettro della morte che si profila all'orizzonte. Si tratta di un'avventura in cui tutti possono identificarsi. Come tutti i buoni romanzi che trattano qualcosa di serio, si scopre che affronta non una ma molte questioni fondamentali. Uno dei temi principali è il nostro modo di affrontare la perdita di persone care. Per l'autore, poi, il fantastico fa parte della natura intrinseca dell'uomo e aiuta ad affrontare le prove della vita. Nel trattare la storia di Conor e nel cogliere le sue emozioni non ci sono sconti, non ci sono bugie e non si ammorbidisce la verità, sebbene non si cada mai nel sentimentalismo. I sentimenti di Conor vengono presi sul serio, il bambino viene considerato come un essere umano in divenire con la sua esistenza fatta di dolore, gioia, paura, difficoltà a fidarsi e felicità. Non ne ho fatto un melodramma, tutto doveva essere restituito com'è: i rapporti di Conor con la madre differiscono da quelli che ha con la nonna e la dimensione fantastica non è stata intaccata. Il mostro di 12 metri di altezza è stato realizzato mescolando animazione in 2D e 3D, facendolo nascere da una soluzione alternativa: Connor ama disegnare (come me quando ero piccolo) e l'arte aiuta a guarire tutte le ferite, come la morte di una madre.”
Riconoscimenti
Premio Goya 2017:
Miglior regista
Miglior produzione
Miglior fotografia
Miglior montaggio
Miglior colonna sonora
Miglior scenografia
Miglior sonoro
Miglior trucco e/o acconciatura
Migliori effetti speciali
Candidatura per il miglior film
Candidatura per la migliore attrice non protagonista a Sigourney Weaver
Candidatura per la miglior sceneggiatura non originale
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