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Shoshana (2023)

Shoshana

UK/Italia 2023 thriller drammatico/storico 2h1’

 

Regia: Michael Winterbottom

Sceneggiatura: Michael Winterbottom, Laurence Coriat, Paul Viragh

Fotografia: Giles Nuttgens

Montaggio: Marc Richardson

Musiche: John Altman

Scenografia: Sergio Tribastone

Costumi: Anthony Unwin

 

Irina Staršenbaum: Shoshana Borochov

Douglas Booth: Thomas Wilkin

Harry Melling: Geoffrey Morton

Aury Alby: Avraham Stern

Liudmyla Vasylieva: Lubov Borochov

Daniel Donskoy: David Raziel

Aaron Vodovoz: Leonid

Hlib Sukhanov: David Borochov

Rony Herman: Solomon Schiff

Gina Bramhill: Alice Morton

Ian Hart: Robert Chambers

Irgun: Rampulla Corrado

Gianmarco Vettori: Zelik Zak

Oliver Chris: Ralph Cairns

 

TRAMA: Medio Oriente, fine anni ‘40. Sullo sfondo del nascente stato israeliano, Thomas Wilkin e Geoffrey Morton, agenti della polizia britannica di stanza in Palestina, sono chiamati a investigare su Avraham Stern, poeta e capo carismatico dell’ala oltranzista della sinistra in Israele.

 

Voto 6 -



Michael Winterbottom conferma ancora una volta due caratteristiche che lo contraddistinguono: la prolificità e l’incapacità di alzare il livello dei suoi lavori, che restano sempre nella mediocrità o nella scarsa sufficienza, fatte le dovute, minime, eccezioni. Cosa che succede anche in questa occasione, una trama di origine storica e piena di insidie politiche, militari e anche dal punto di vista artistico. Ne è prova il fatto che resta a cavallo tra la sintesi storica e la storia d’amore che domina l’intero film. Difatti, la pellicola è ispirata agli eventi realmente accaduti, un thriller politico ambientato negli anni Trenta che affronta il modo in cui l’estremismo politico e la violenza crearono una sofferta separazione tra alcune persone, costringendole a scegliere da che parte stare. A cominciare proprio dalla protagonista dal cui nome prende il titolo. Una giornalista, socialista sionista, chiamata Shoshana Borochov e la sua storia affettiva col suo amante britannico Tom Wilkin nella Palestina dove la Gran Bretagna aveva ricevuto il compito dalla Società delle Nazioni (l’organizzazione che precedette la costituzione dell’ONU) di mantenere l’ordine tra la popolazione ebraica e quella araba.



Siamo a Tel Aviv negli anni a cavallo tra la Prima e la Seconda Guerra Mondiale, quando la Società aveva disposto di stabilire un luogo adatto per essere la terra per stabilire e stabilizzare gli ebrei di tutto il mondo, sottraendo però spazio agli arabi palestinesi che si ribellarono e cominciarono a compiere attentati e disordini ai danni sia degli ebrei che degli inglesi che si erano stanziati per mantenere l’ordine e far rispettare le decisioni. Fa impressione guardare oggi il film perché è sotto gli occhi del mondo ciò che sta accadendo in questi mesi tra Israele e la Striscia di Gaza, terra che è senza pace da quasi un secolo.



Shoshana (Irina Staršenbaum) è una giornalista per il quotidiano locale, ebrea che vive a Tel Aviv e che ha un desiderio: quello di realizzare il sogno di suo padre, cioè l’Israele socialista in cui arabi ed ebrei potessero vivere in armonia. Un sogno che tanti si auspicano ancora oggi: due popoli, due stati. Lei è avversa alla presenza dei britannici ed è affiliata alla organizzazione chiamata Haganah, un gruppo di difesa clandestino per proteggere gli ebrei, e ne frequenta le esercitazioni militari, ma nel contempo è nemica giurata di quella estremista che compie gli attentati più sanguinosi, l’Irgun, un movimento illegale determinato a sbarazzarsi degli inglesi.



A mantenere e far rispettare l’ordine prestabilito dal consesso internazionale vengono inviati, a capo della polizia britannica, Ralph Cairns (Oliver Chris) e il suo secondo Tom Wilkin (Douglas Booth) e all’uccisione precoce del primo, che l’altro pensava e sperava di sostituire, viene invece nominato Geoffrey Morton (Harry Melling), un tipo che si era già distinto per l’efficacia, la furbizia e la forza con cui domava gli arabi solamente sospettati di detenere armi o di collaborare con i ribelli e aveva domato i moti avvenuti a Jenin. Nella difficile situazione politico-militare succede l’imprevisto: Shoshana e Tom si innamorano perdutamente, con evidenti difficoltà di entrambi per i compiti e le idee che ciascuno dei due porta avanti. Per giunta, sia da una parte che dall’altra degli schieramenti, non apprezzano la relazione per il timore che il loro comportamento possa causare danni alle attività, segrete o meno, come le indagini o quant’altro.



Il compito più arduo e più importante è bloccare l’attività sovversiva dell’Irgun, prima trovando Arieh Yitzhaki, l’uomo che costruisce le bombe per gli attentati, e soprattutto colui che è posto al vertice dell’organizzazione, il leader poeta e terrorista Avraham Stern. Arresti, irruzioni, attentati, tante uccisioni: il pericolo è all’ordine del giorno e Shoshana deve destreggiarsi per frequentare il suo uomo, mentre Tom viene sottoposto a sospetti per il legame non gradito dai suoi superiori, fino al punto che la bella donna che ama decide di lasciarlo, anche per gli odiosi dubbi che assalgono lui. In compenso la coppia di ufficiali composta da Morton e Wilkin porta a segno con successo numerose missioni mentre, nel frattempo, essi corrono grossi rischi per le reazioni degli estremisti. Fino al tragico epilogo finale.



Fuor di dubbio che questa storia vera e molto appassionante - tratta in gran parte dal romanzo “Red Days”, di Ram Oren - sia raccontata con dovizia, in particolare quella di Shoshana, figlia del fondatore del movimento socialista sionista e testimone, oltre che combattente in prima persona, della battaglia da parte del popolo ebraico per la costituzione di uno stato sovrano. Il regista inglese punta certamente il dito contro i propri connazionali, ritenendo la Gran Bretagna in buona parte responsabile del conflitto e cerca di spiegare, tra le scene di guerriglia e d’amore tra i due protagonisti, quali erano le ideologie e le speranze da parte delle diverse fazioni. Lo fa anche spiegando sufficientemente i personaggi più importanti oltre i due innamorati, come l’acerrimo e spietato Geoffrey Morton, sospettato di aver, tra l’altro, commesso un grave atto di giustizia illegale. Una lezione di Storia che da noi, forse, non è molto conosciuta e quindi un film abbastanza utile e istruttivo.



Peccato, però, che Michael Winterbottom non compia l’opera in modo del tutto soddisfacente, confezionando un film che pare più un TV movie che per la sala cinematografica, con tanto di alcuni errori di particolari dell’epoca (saracinesche, tendaggi da sole, murature moderne, poca cura insomma), per giunta con un sonoro con difetti nella presa diretta: a parte la pronuncia della lingua inglese che pare poco british, come se parlata da un europeo continentale, senza alcuna inflessione anglosassone, ma a questo si aggiunge una qualità di sonoro che pare provenga dal doppiaggio da parte degli stessi attori. Un suono da studio senza la naturale ambienza, come nei dialoghi all’aperto o per le strade di Tel Aviv. A tal proposito va fatto notare che il film è stato girato in Puglia, tra le strade di Ostuni (la si riconosce bianca molto bene dalle in quadrature dal basso della collina, appena trasformata dalla torre araba accanto al campanile) e sul litorale di Torre Canne (Brindisi) riconoscibile dalla spiaggia e dal faro che si staglia all’orizzonte. La stessa luce mediterranea per due luoghi similari.



Il noto Harry Melling, con la faccia che si ritrova, va a nozze con il personaggio di Morton, perfettamente a suo agio; l’altrettanto conosciuto Douglas Booth è il belloccio nei panni di Thomas ma mi è sembrato troppo ingessato; la sorpresa è, da me, la sconosciuta Irina Staršenbaum, un’attrice russa famosa in patria e per le tante partecipazioni a film e serie che da noi giungono raramente: una buonissima interpretazione pur se non molto espressiva. Ma nell’insieme il trio funziona bene. Tra le varie sequenze ci sono spezzoni di filmati e di notiziari d’epoca ma con poca armonia narrativa e per questo il regista rimane a metà strada tra cronaca, thriller politico e love story. La sceneggiatura è alquanto povera ed elementare, con una regia dimessa e semplice. Winterbottom non è mai stato un genio, ma il film si lascia vedere e apprezzare.



Il 14 maggio 1948 venne fondato lo Stato di Israele.

Shoshana ha vissuto a Tel Aviv fino al giorno della sua morte avvenuta nel 2005. Aveva 93 anni.



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