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Sobibor - La grande fuga (2018)

  • Immagine del redattore: michemar
    michemar
  • 7 feb 2021
  • Tempo di lettura: 2 min

Aggiornamento: 15 ott 2023


Sobibor - La grande fuga

(Sobibor) Russia/Germania/Lituania/Polonia 2018 dramma storico 1h58’


Regia: Konstantin Khabenskiy

Soggetto: Ilya Vasiliev (libro)

Sceneggiatura: Michael Edelstein , Anna Tchernakova

Fotografia: Ramunas Greicius

Montaggio: Yuriy Troyankin

Musiche: Kuzma Bodrov

Scenografia: Jurgita Gerdvilaite

Costumi: Neringa Benaitiene


Konstantin Khabenskiy: Alexander Pechersky

Christopher Lambert: Karl Frenzel

Mariya Kozhevnikova: Selma

Michalina Olszańska: Hanna

Maximilian Dirr: Johann Neumann

Dainius Kazlauskas: Leo

Dirk Martens: Backman

Philippe Reinhardt: Siegfried Greitschus

Wolfgang Cerny:Gustav Wagner

Evgeniy Sarmont: Leithman


TRAMA: Durante la Seconda guerra mondiale, l'ufficiale sovietico Alexander Pechersky è recluso nel campo di sterminio di Sobibor in Polonia. Ha pianificato una fuga di massa ma, al momento di mettere in atto il piano, le cose vanno diversamente. Tuttavia, un gruppo di prigionieri guidati da Pechersky riesce a scappare.


Voto 6,5

Ambientato nella Seconda Guerra Mondiale, con il redivivo Christopher Lambert, racconta della drammatica rivolta nel campo di sterminio di Sobibor, in Polonia, dove l’ufficiale sovietico Alexander Pechersky aveva pianificato una fuga di massa in cui solo alcuni riuscirono nell’impresa.

Ispirato al libro ‘Alexander Pechersky: Breakthrough to Immortality’ della scrittrice Ilya Vasiliev, narra del campo di sterminio di Sobibor, nella Polonia invasa dai tedeschi, in cui è incominciato lo sterminio finale di migliaia di ebrei. Che ci sia un numero incomprensibile di persone al mondo che negano la tragedia della Shoah è purtroppo risaputo e a maggior ragione, come dicono i testimoni diretti e indiretti, è necessario che se ne parli e che si ricordi. E giustamente il critico americano Roger Erbert, premio Pulitzer, scriveva che non abbiamo bisogno di film per convincerci del male dell'olocausto ma che si facciano pellicole al riguardo è pur sempre utile ed efficace. Dalla prima scena all'ultima, gli orrori dell'Olocausto si contrappongono all'umanità delle sue vittime e al coraggio che alla fine trovano per ribellarsi e reagire.

Le scene che precedono la fuga raffigurano la vita quotidiana di soldati e prigionieri all'interno del campo, sia nelle sue banalità che negli orrori, e si assiste ad alcuni momenti davvero cruenti e inquietanti, che purtroppo risultano funzionali e mai inutili a causa del modo in cui l'attore protagonista e regista Konstantin Khabenskiy descrive questi eventi attraverso gli occhi dei prigionieri che, lentamente ma inesorabilmente, rifiutano di essere vittime. Pechersky è un eroe tenace e convincente, ma è la rappresentazione di Christopher Lambert di Karl Frenzel, l'amministratore nazista del campo, che alza la tensione del film: egli interpreta la parte di un uomo che si aggrappa a malapena alla sua sanità mentale, avendo interiorizzato la sofferenza che costantemente ordina, è il ritratto più agghiacciante di un ufficiale nazista che si possa vedere al cinema dai tempi di Ralph Fiennes in Schindler's List. Meno riuscita invece è la decisione di Khabenskiy di suggerire un legame romantico tra Pechersky e una prigioniera che conosceva prima della guerra.

Per non dimenticare. Mai.



 
 
 

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