Sunshine (2007)
- michemar
- 14 mar 2024
- Tempo di lettura: 7 min

Sunshine
UK/USA 2007 fantascienza/thriller 1h47’
Regia: Danny Boyle
Sceneggiatura: Alex Garland
Fotografia: Alwin H. Küchler
Montaggio: Chris Gill
Musiche: John Murphy
Scenografia: Mark Tildesley
Costumi: Suttirat Anne Larlarb
Cillian Murphy: Robert Capa
Chris Evans: Mace
Rose Byrne: Cassie
Michelle Yeoh: Corazon
Cliff Curtis: dottor Searle
Troy Garity: Harvey
Hiroyuki Sanada: Kaneda
Benedict Wong: Trey
Mark Strong: Vim Pinbacker
Paloma Baeza: sorella di Capa
TRAMA: Nell’anno 2057 il Sole si sta spegnendo, quindi il pianeta Terra e il genere umano rischiano l’estinzione a causa di un progressivo congelamento globale. Per tentare di salvarli, è stato mandato in missione un equipaggio composto da tre astronauti e cinque scienziati, a bordo dell’enorme astronave Icarus II, con l’incarico di sganciare e far detonare nella stella una gigantesca bomba atomica stellare (con massa pari a quella dell’isola di Manhattan) al fine di far ripartire le reazioni nucleari all’interno del Sole ed evitarne lo spegnimento, creando una sorta di stella dentro la stella.
Voto 7

Facendo delle semplici ricerche in rete, si può venire a conoscere che il Sole si trova a circa metà della propria sequenza principale. Al termine di questo periodo di stabilità, tra circa 5 miliardi di anni, il Sole entrerà in una fase di forte instabilità. Come si sa, le stelle non vivono in eterno e quella attorno alla quale gira il nostro pianeta, che ci fa vivere e regola con la sua luce ed il suo calore le stagioni e quindi dà vita alla Natura, brucia circa 600 milioni di tonnellate di idrogeno al secondo. Nel momento in cui l’idrogeno del nucleo sarà totalmente convertito in elio, gli strati immediatamente superiori subiranno un collasso dovuto alla scomparsa della pressione di radiazione delle reazioni termonucleari e di conseguenza determineranno un incremento termico fino al raggiungimento di temperature tali da innescare la fusione dell’idrogeno negli strati superiori. Il che significa che provocheranno l’espansione della stella fino al raffreddamento del gas. Fin qui tutto risaputo e nulla di spaventoso, almeno per ora, dato che mancano così tanti anni che chissà se nel frattempo l’uomo, che non si preoccupa a sufficienza, invece, del riscaldamento terrestre, si sarà estinto per sua colpa.
Ma se tutto ciò è normale, Danny Boyle, con la importante consulenza del noto fisico britannico Brian Cox, ha immaginato un apocalittico anticipo dei tempi per un film di fantascienza molto drammatico dal punto di vista delle relazioni tra persone e dai risvolti thriller che conferiscono una altissima tensione crescente per tutto il film. Il regista si affida prima di tutto ad uno sceneggiatore con cui aveva lavorato qualche anno prima per un’altra opera in stile sempre fanta/catastrofe, 28 giorni dopo, che evidentemente gli dava garanzie di scrittura non trascurabili, e poi al produttore Andrew Macdonald che ha lavorato con lui per altri importanti suoi film: Piccoli omicidi tra amici, Trainspotting e The Beach. Insomma, una bella compagnia per un’idea che in pratica si è rivelata vincente per il film.
Siamo quindi nel 2057 e quello che era previsto dalla scienza tra qualche miliardo di anni sta già avvenendo. L’uomo ha già inviato una grande astronave, la Icarus I, verso il sole con un compito non facile e, siccome non si hanno più notizie della spedizione da 7 anni, viene deciso di ripetere l’operazione nella speranza di riuscire meglio nella missione, che è alquanto ardimentosa e futuristica: spedire una nave spaziale con un equipaggio multietnico, tra l’altro con due donne e sei uomini, verso il Sole, per bombardarlo e ravvivarlo. Come udiamo nella prima sequenza dalla voce del fisico che è a bordo, Robert Capa, uomo che avrà il compito di armare e lanciare la bomba, la situazione sulla Terra e la missione sono chiare: “Il nostro sole sta morendo. L’umanità rischia l’estinzione. Sette anni fa il Progetto Icarus ha mandato una missione per riaccendere il sole. Ma quella astronave è scomparsa prima che potesse raggiungere la stella. Sedici mesi fa, un equipaggio composto da me, Robert Capa, e altri sette, ha lasciato una Terra raggelata dall’inverno solare. Il carico che imbarchiamo è una bomba stellare con massa equivalente all’isola di Manhattan. Il nostro scopo è far nascere una stella in una stella. Siamo otto astronauti seduti su una bomba. La mia bomba.”

Tutto chiaro sin dall’inizio, come è altrettanto chiaro che gli otto astronauti sono determinati ma anche consapevoli che nulla sarà facile, anzi è anche probabile che avranno vita durissima e nessuno può garantire loro il ritorno alla base. Ma tanto, se non riescono nell’ardua missione li attende, ammesso che possano tornare a casa, una morte scontata con l’estinzione del genere umano. Meglio tentare l’impossibile e salvare i terrestri, anche con il sacrificio personale. È un incarico non solo difficile per i personaggi della trama, ma anche per la realizzazione del progetto cinematografico: immaginare di viaggiare verso quella stella che ha incantato, alla pari della bellezza della Luna, ogni generazione degli abitanti del nostro pianeta: vita, calore, luce. Così importante che il regista, mentre sentiamo la voce che ci introduce nel viaggio, inquadra il sole partendo da una piccola palla a cui l’obiettivo si avvicina sempre più fino a riempire lo schermo, che diventa di un giallo accecante, fiammeggiante, girandovi attorno e mettere al centro dell’attenzione la grande nave spaziale che ha la coda nel buio assoluto dello spazio. Alle spalle il nulla cosmico, davanti un nucleo di gas che brucia milioni di tonnellate ogni attimo, che si va spegnando come una persona anziana arrivata alla fine della strada naturale della vita.

Come in ogni film di fantascienza, le difficoltà nascono sempre, lo spazio e i voli interplanetari vanno incontro ad eventi imprevedibili, a guasti tecnici, ma ognuno degli otto è specializzato nelle diverse discipline che servono nel viaggio: sono ingegnere, fisico, dottore, psicologo, in ogni momento pronti a porre rimedio agli inconvenienti che accadono. In più si rivolgono subito al sofisticato computer di bordo, chiamato Icarus, che sorveglia tutto, avverte l’equipaggio dei problemi che sorgono, offre una soluzione logica. Una sorta di Hal 9000 però fedele ed efficiente, senza rischi di ribellione cibernetica, pronto a venire in soccorso per far prendere la decisione giusta. Ovviamente, la nave ha una protezione tecnologicamente avanzata al fine di non far aumentare la temperatura man mano che si avvicinano al Sole, mediante pannelli isolanti ad alta efficienza e sono per forza di cose tenuti sotto controllo. Proprio a causa di un guasto all’apparato ecco il primo guasto importante, che porta alla decisione di uscire nello spazio per la necessaria riparazione. È il primo e vero incidente che causa una importante perdita, a cui segue una sorpresa inaspettata: sta arrivando un segnale di comunicazione, sicuramente un SOS, da una astronave. Possibile che sia proprio l’Icarus I dato per disperso da sette anni! Siamo, ora, al dilemma che condizionerà il futuro e il prosieguo della missione. Deviare la traiettoria per agganciarlo o sarebbe uno spreco di tempo e di risorse? Eppure, riuscendo nell’aggancio, si potrebbe disporre di una doppia bomba nucleare per colpire la nostra enorme stella! I pareri sono differenti e le discussioni sono vivaci, anche per i caratteri diversi dei navigatori. Mace (Chris Evans) è un giovanotto vigoroso e decisamente nervoso, Kaneda (Hiroyuki Sanada) è in piena crisi depressiva da quando ha commesso il gravissimo errore che è costata la vita al comandante, Capa (Cillian Murphy) è il più riflessivo, e così via, fino alle due donne, Cassie (Rose Byrne) e Corazon (Michelle Yeoh), certamente più ragionevoli e calme. Il cibo basterebbe per tutti, l’ossigeno è assicurato in quantità illimitata dal grande reparto verdeggiante di piante che produce aria buona. Che fare?
L’armonia che regnava comincia a rovinarsi con gli eventi negativi, che, costruite ad arte dallo sceneggiatore e dal regista, seguono subito dopo ogni episodio positivo e tranquillizzante e inizia la falcidia che speravano non succedesse. I guasti si succedono sempre più importanti, la vita a bordo diventa difficile, tutti assieme non potranno arrivare in fondo: qualcuno deve sacrificarsi ed invece ci pensano gli accadimenti negativi ad essere decisivi. La trama di fantascienza si tinge di giallo e diventa un thriller ansiogeno dopo che riesce il difficile aggancio con l’altra astronave, perché, si scopre, qualcuno a bordo sta sabotando le strumentazioni e le operazioni. Chi è? Di loro nessuno, quindi? Di alieni è pieno il cinema fantascientifico ma qui la sorpresa arriva dall’umano. Non è necessario dare la caccia all’essere estraneo, la serpe è nel seno e non è tra i sempre meno superstiti, mentre, inesorabilmente, l’Icarus II si avvicina al traguardo, con una verità ineccepibile: se tornano indietro moriranno con tutti i terrestri, quindi chi ce la fa e sopravvive potrà indirizzare l’arma che trasportano e salverà l’umanità. D’altronde sono lì per questo.
La tensione creata con grande abilità da Danny Boyle è un crescendo degno di un thriller da cardiopalma, è una sinfonia dell’imprevisto, è il dunque del coraggio e della determinazione, ma soprattutto dell’abnegazione, e l’eroe sarà il tranquillo ma energico Robert Capa, capace di un atto di totale sacrificio, e come aveva promesso nel suo ultimo collegamento con i parenti sulla Terra: “La luce impiega solo otto minuti per arrivare dal Sole alla Terra. Saprete quindi del nostro successo appena otto minuti dopo che avremo sganciato la bomba. Dovrete soltanto notare un’insolita luminosità nel cielo. Se vi sveglierete, una mattina, e sarà una giornata particolarmente bella, ce l’avremo fatta. Nient’altro. Vi devo lasciare. Ci vediamo tra un paio d’anni.”
Da una prima parte votata ad un cinema di forte tonalità di colori, al disegno di un racconto di pura fantascienza, alla tecnica sopraffina degli eccellenti effetti visivi, si passa ad una seconda fase incalzante e più preminentemente d’azione per fronteggiare i demoni dell’egoismo e il nemico interno. Sarà pure un film intuibile nel suo evolversi ma il regista tiene altissima l’attenzione e mediante la varietà dei personaggi, sia nel carattere che nella caratteristica etnica, crea un mondo isolato come un piccolo mondo universale e non disdegna riconoscimenti verso il Maestro Kubrick e sfiora perfino le sensazioni di Tarkovskij, entrambi apertamente. Poteva essere, e forse lo è in alcuni momenti, un ambiente claustrofobico ma l’ampiezza della nave ne fa un’opera anche di movimento ma, ribadisco, di vera tensione, come pochissime volte accade in un racconto di fantascienza. Dispiace che non abbia trovato in quel momento il riscontro che avrebbe meritato.
Va notato che Danny Boyle è stato sempre in grado di produrre buonissimi film di vario genere e sempre con apprezzabili risultati, anche perché ha saputo circondarsi di collaboratori giusti, ad iniziare qui dal bravo Alex Garland, che in seguito è diventato uno dei più interessanti registi degli ultimi anni (Ex Machina merita un esame approfondito, per esempio, proprio per dimostrare che la sua personale fantascienza è molto interessante e innovativa). Il cast degli attori è notevole e ognuno ha i suoi meriti, ma il prediletto (dal regista) Cillian Murphy è il più bravo di tutti.
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