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Sweat (2020)

Sweat

Polonia/Svezia 2020 dramma 1h46’

 

Regia: Magnus von Horn

Sceneggiatura: Magnus von Horn

Fotografia: Michal Dymek

Montaggio: Agnieszka Glinska

Musiche: Piotr Kurek

Scenografia: Jagna Dobesz

Costumi: Malgorzata Fudala

 

Magdalena Kolesnik: Sylwia Zajac

Julian Swiezewski: Kaludiusz

Aleksandra Konieczna: Basia

Zbigniew Zamachowski: Fryderyk

Magdalena Kuta: Danuta

Katarzyna Cynke: Marieta

Tomasz Orpinski: Rysiek

 

TRAMA: Sylwia Zajac è un’influencer molto nota nel mondo dei social media. Esperta di fitness e motivatrice, è una sorta di piccola celebrità. Nel corso di tre giorni, è possibile notare come, nonostante abbia centinaia di migliaia di followers e sia sempre circondata da ammiratori, sia sola e alla ricerca di vera intimità.

 

Voto 6,5



Siamo nell’era, tra le tantissime cose di moda, delle influencer, obiettivamente una professione più al femminile che maschile, una schiera di belle ragazze disposte a (quasi) tutto pur di primeggiare, guadagnare ed essere popolari. Verbi che si autoalimentano a vicenda, in quanto più va forte uno di questi termini, più arricchisce gli altri, come volani interdipendenti, con l’unico scopo autoglorificante di essere famose ed essere le beniamine delle donne. E non solo, perché questo tipo di successo significa anche essere desiderata dagli uomini, da cui badano bene di tenersi lontane dai disturbatori. Video e immagini su Instagram che girano e vengono visti e condivisi in continuazione, tra sorrisi invitanti ed esortazioni a comportarsi cosi, acquistare il tal prodotto, interagire in quel modo. Proprio nel presente, la più nota in Italia in questa professione moderna ha subito un drammatico crollo di credibilità per una dubbia operazione benefica che si è tradotta in un fallimento dell’operazione stessa, trascinandosi anche la disdetta da parte di diversi marchi che nel frattempo la pagavano profumatamente. Un pandoro natalizio che si è rivelato una bomba a mano esplosa tra le dita della star indiscussa.



Ma cosa sappiamo della vita privata di queste donne? Nulla, in realtà, perché ciò che appare è solo montatura, finzione, come una fiction o una serie TV di successo con attori che fingono, ma della loro esistenza personale e intima nulla trapela, almeno per gli ovvi motivi di privacy. Ma soprattutto perché mettendo in piazza la propria vita personale si corrono solo dei rischi. Esattamente ciò che succede alla protagonista di questo bel film. Senza dubbio, la giovane, fresca e disinvoltamente sexy Sylwia (una ottima Magdalena Kolesnik), famosa influencer dei social media e guru motivazionale del fitness in Polonia, è al top del suo ruolo. Trasudando energia e ottimismo, questa “messia” bionda del fitness, atletica e ossessivamente autopromovente, porta intere lezioni di allenamento all’estasi e all’accettazione di sé, essendo riuscita ad accumulare un esercito di seguaci irriducibili: più di 600.000 followers. Tuttavia, chi può mai pensare che sia abitata da una profonda tristezza fin nel più intimo dell’anima? Ad esempio, chi sa cosa fa tra un post e l’altro, a parte posare per riviste glamour e promuovere i prodotti dei suoi sponsor? E cosa succede se uno dei suoi fan è interessato a qualcosa di più che imparare a bruciare il grasso ostinato? Ecco, appunto, la persona che comincia ad infastidire.



La bella ragazza ha una vita intensa, deve continuamente muoversi tra le sue esibizioni social, le ospitate in TV, le riviste che la cercano, aprire i pacchi dei doni ricevuti dagli sponsor, come quello avuto dalla FIAT, dato che gira in città con una 500 e sicuramente non per caso o scelta. Tutto rientra in quel ricircolo di marketing di cui prima. A vedersi, sembra una giovane felice, sempre sorridente, ma ogni tanto i bellissimi occhi chiari lanciano barlumi di tristezza, sempre subito mascherata dalla disponibilità verso i fans, versi gli uomini che la guardano con desiderio, a cominciare dal suo braccio destro che la protegge e le serve tutto il necessario per la scena, che poi è la palestra, luogo in cui si manifesta il titolo che vuol dire “sudore”. Ma solo sul lavoro, perché poi torna da sola nel suo bell’appartamento nel moderno condominio. Il film di Magnus von Horn ci narra solo tre giorni, tre giorni ma intensi di avvenimenti e sensazioni. L’inizio ci spiega chiaramente la vita frenetica di Sylwia e raccontano benissimo che cosa siano, nel bene o nel male, gli influencer: anche postare messaggi magari un po’ banali ma che, se raccontati nel modo giusto, possono davvero aiutare diverse persone a vivere meglio. Il fitness, fatto sotto controllo, sappiamo quanto possa far bene e lei è una campionessa. Sylwia sa stare e dominare la folla che la circonda, che, anzi, la carica come una rockstar. Anche quando incontra le fans in giro per la strada, lei mostra disponibilità, si ferma con piacere, è capace di trattare con loro, di aiutarle in momenti difficili e di dissipare l’invidia che esse hanno nei suoi confronti. Più volte, infatti, si trova ad incrociare delle ammiratrici che le dicono di voler essere come lei, di avere le sue gambe, il suo addome. La protagonista mantiene con nonchalance il suo ruolo come una missione e chiosa sempre allo stesso modo: “Allenatevi e ce la farete!”. Una vera diva.



L’unico punto vitale di affetto è la sua cagnolina, a cui dedica tutto l’amore (ma anche un #hashtag) che non ha modo di riversare a persona vicina e quando una sera esce per portarla al guinzaglio, ha modo di accorgersi che di fronte al portone è sempre parcheggiata una auto con un uomo maturo al volante, fermo, che lo osserva sperando di non essere notato. Lo affronta e lui reagisce al minimo ma iniziando a masturbarsi. Il terrore che può stimolare uno stalker è facilmente immaginabile, ma lei non fa nulla se non insultarlo e cercare di cacciarlo via, senza però chiamare la polizia. Quando la sera seguente, persa nel suo isolamento dopo una serata da ospite, si porta a casa il suo assistente, non solo il tentativo di una notte differente fallisce perché era solo un espediente scaccia-solitudine ma si accorge che lo stalker è di nuovo parcheggiato in strada.



L’evoluzione di questo incidente, che viene stravolto in più che incresciose conseguenze, è chiaramente una testimonianza della sua sofferta solitudine, unitamente alla serata che aveva appena trascorso al compleanno della madre: era andata a trovarla per festeggiarla con tanti bei regali, ma è bastato poco per trasformare l’occasione in un litigio inutile, segno che qualcosa non fila tutto liscio nei rapporti madre-figlia. Anche questa sequenza dimostra le difficoltà che avrà avuto probabilmente nella vita familiare, qualcosa che però il regista non specifica, ma che ci lascia immaginare mostrandoci come guarda la madre e il suo nuovo compagno. Cosa sarà successo anni prima? Che fine ha fatto il padre? Quali sono i motivi che l’hanno indotta a non essere in armonia con la mamma? Lei sorride con i suoi splendidi occhi e la sua perfetta dentatura ma è un sorriso di circostanza, di buone maniere, e si nota come avrebbe preferito essere altrove. E ciò mentre si è diffuso il video che ha postato con le lacrime agli occhi in cui non nasconde che le manca l’amore vero, quello della vicinanza di un uomo che le voglia bene e che la faccia sentire felice e, confessa, prova invidia per le amiche virtuali coccolate dal loro uomo.  Sylwia finirà di pagare la penitenza quando si accorge che anche il temuto stalker, ridotto in pessime condizioni e in estrema necessità di un soccorso ospedaliero, deve essere aiutato, scoprendo quanto sia solo e solitario anche lui. La solitudine non è un prezzo che pagano solo le persone famose. Amaro dirlo ma è la verità.



Dopo un inizio dal ritmo travolgente delle musiche da fitness, il film attraversa una parte mediana lenta ma necessaria, per condurci al lungo finale tra la forza caratteriale di Sylwia nell’accettare il ruolo di soccorritrice dell’uomo che la disturbava e che ha sentito il dovere di aiutare, e l’intervista senza veli sulla sua vita personale in un talkshow che rivela il suo lato più umano e debole, sull’orlo, ancora una volta, delle lacrime. Lei non è un robot, non è programmata in maniera insensibile. È, invece, ancora una ragazza normale che ha sfruttato il vento giusto e la sua imbarcazione ha veleggiato a gonfie vele approfittando del mare favorevole per andare lontano, ma, come un navigatore solitario in crisi, ora cerca un porto dove bere l’acqua dell’affetto di una persona che ti guardi con amore. Il finale è consistente e se il pericolo iniziale era quello di renderci antipatica la protagonista, dopo l’incerta parte centrale, alla fine lo spettatore si sente vicino a Sylwia, la capisce, ne viene intenerito, anche perché lei ha la forza di rialzarsi e rivolgersi al suo di pubblico: “Ho la carica giusta per allenarmi. […] Su le braccia, fate degli ampi cerchi, allungate tutti i muscoli del corpo, tenete il petto in fuori, le braccia e le gambe fanno tutto il loro lavoro. Uno, due, tre, quattro cinque sei!”.



Magnus von Horn fa un buonissimo lavoro di regia e scrittura, seguendo il tracciato del moderno cinema polacco che ha all’attivo opere eccellenti lontane dagli standard ordinari, che fanno riflettere e offrono notevoli spunti di novità, tutti di registi emergenti con titoli come Johnny, Ida, Corpus Christi, il meraviglioso Cold War, l’affascinante e misterioso Non cadrà più la neve. Egli, inquadrando camera in spalla tutti i movimenti ritmici e le pulsazioni intime della protagonista, cerca di bissare gli elogi ricevuti al suo precedente film d’esordio amato dalla critica, The Here After. Ha anche il grande merito di aver scelto un’attrice come Magdalena Kolesnik bella e brava, molto espressiva nei primi piani che le ha dedicato, esaltandone il profilo controluce con colori vivaci, quelli dei social, per parlare della vita che è dietro al web, dietro le apparenze e le luci, dietro i reels, manifestazioni variegate che fanno sembrare tutto bello quando in realtà, molto spesso, celano le problematiche che affliggono qualsiasi individuo, anche, a volte, peggiorate dall’isolamento dovuto alla celebrità e dalla sicurezza per salvaguardare la privacy anche fisica. Bene fa il regista a far risaltare che l’isolamento riguarda anche le persone sconosciute e deboli, come quel disturbatore appostato sotto la casa della divetta. Uomo che in fondo, ma in maniera certamente sbagliata e commettendo un chiaro reato, cercava solo il contatto con la star per sconfiggere la sua, di solitudine. Se erano due rette parallele e distanti nella vita quotidiana, il destino le accosta, le incrocia, e la morale della donna la spinge ad avvicinarsi senza paura e a fornirgli l’aiuto umano che non si sentiva di rifiutare, nonostante il momento più che difficile della situazione. In una strada deserta, di notte, con il rischio di mettere a repentaglio la sua sicurezza fisica.



È la vita, quella vera, che il fagocitante web nasconde, ciò che mette in mostra il buon Magnus von Horn e questa riuscita opera ha riscosso molti consensi, raggiungendo ben 14 premi e 18 candidature, soprattutto in patria ma anche in tutti i festival internazionali, come è successo a quello di Trieste dove si è aggiudicato il Cineuropa Prize.

Regista da tenere in considerazione per il futuro.



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