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The East (2013)


The East

UK/USA 2013 thriller 1h56’


Regia: Zal Batmanglij

Sceneggiatura: Zal Batmanglij, Brit Marling

Fotografia: Roman Vasyanov

Montaggio: Andrew Weisblum, Bill Pankow

Musiche: Halli Cauthery, Harry Gregson-Williams

Scenografia: Alex DiGerlando

Costumi: Jenny Gering


Brit Marling: Sarah Moss

Alexander Skarsgård: Benji

Ellen Page: Izzy

Toby Kebbell: Doc

Shiloh Fernandez: Luca

Aldis Hodge: Thumbs

Danielle Macdonald: Tess

Hillary Baack: Eve

Patricia Clarkson: Sharon

Jason Ritter: Tim

Julia Ormond: Paige Williams

Billy Magnussen: Porty McCabe

Wilbur T. Fitzgerald: Robert McCabe

John Neisler: Rory Huston

Jamey Sheridan: Richard Cannon


TRAMA: Sarah, una giovane agente facente parte di una società d'élite di intelligence privata, riceve l'incarico di infiltrarsi sotto copertura in un misterioso collettivo anarchico, che attacca le grandi aziende. Con l'obiettivo di monitorare da vicino i fuggiaschi e assicurarli a chi di dovere, si ritroverà a testare la sua lealtà quando si renderà conto di essere attratta da Benji, il leader carismatico del gruppo.


Voto 6,5

L’anno di uscita del film è il 2013, cinque prima dell’avvento di Greta Thumberg con la sua causa devota all’ecologia e alla salvezza della terra, No Planet B, eppure di inquinamenti, sfruttamenti selvaggi dei paesaggi e di reati contro la Natura se ne parlava anni prima, anche senza la notorietà ed il clamore di oggi per merito della giovane studentessa svedese. E così oggi vediamo che per protesta molte ragazze e molti ragazzi protestano vivacemente per svegliare il torpore in cui giacciono soprattutto gli adulti, in particolar modo coloro che hanno interesse economici a che nulla si faccia per migliorare lo stato di salute del pianeta. Qualche eccesso si vede nella protesta, anche fastidiosi ma sempre all’insegna del pacifismo. Invece, purtroppo, nella storia recente qualche volta le proteste, anche per i motivi più validi, si sono manifestate violentemente, tramite organizzazioni e associazioni a vocazione più manesca e aggressiva. Le formazioni più facinorose sono quelle caratterizzate dalla segretezza – pari solo alle sette – e dal radicalismo che le animano, e spesso dalla violenza non cercata ma accettata nel caso avvenga. Hai fatto morire, può capitare anche a te: un dente per dente non evitato anche se in presenza.

È quello che succede in questo film, dove una setta definibile come freegan (crasi tra freemen e vegan, quindi la somma tra persone che si sentono assolutamente libere che sono anche vegane) convive in un bosco – che poi si scoprirà essere di proprietà del capo spirituale e carismatico, che ha distrutto la casa di famiglia per vivere in modo rudimentale – e in una casa senza comodità. Vive all’aperto ed è composta da elementi di varia estrazione e preparazione scientifico-culturale in modo da coniugare le diverse esperienze al servizio della causa: vendetta e punizione. Entrambe rivolte a chi, soprattutto nel campo industriale, farmaceutico e altra natura, ha causato gravi danni fisici alle persone, alla natura e a volte la morte di persone. Oltre ad aver rovinato la vita di famiglie che vivevano nelle zone dove l’inquinamento causato era così critico e pericoloso per la salute che hanno visto morire i propri bambini di malattie incurabili, causate, per esempio, dalla profonda contaminazione dell’acqua del laghetto dove il padre di una componente del collettivo sversava gli scarti della lavorazione della sua industria. Ecco appunto la prima operazione in cui li osserviamo in azione: intossicare tutti gli invitati di una grande ed elegante festa di un potente industriale farmaceutico, il cui antibiotico guariva da una malattia ma con i suoi gravissimi effetti collaterali portava ad altre pesantemente degenerative. Con quale prodotto pensano di rovinare il party? Ma con la stessa medicina, ovviamente, a dimostrazione dei danni che provoca. Essi sono The East, l’oriente della (ri)nascita della Terra, dell’alba di una nuova vita libera dalle rovine causate dall’uomo, la nascita di un nuovo giorno del mondo. Per questo è dichiarata la guerra senza quartiere alle multinazionali, prime colpevole di tutto ciò.

Sarah Moss (Brit Marling) è una donna ex FBI che ora è alle dipendenze di una importantissima società di spionaggio e di sicurezza privato, che opera con grandi mezzi e ottimi agenti come la nostra protagonista, con un passato nel Bureau e come lei arrivati agli ordini della ferrea e glaciale Sharon (Patricia Clarkson), capo della società. Sarah è abilissima, preparatissima, ha un senso sviluppato nel saper prendere le giuste decisioni quando opera e sa trasformarsi dalla candida e reticente ragazza di Tim (Jason Ritter), che sopporta le sue lunghe assenze per lavoro e missioni segrete, nella neo apparentemente devota aderente al collettivo anarco-ecologista capeggiato da Benji (Alexander Skarsgård). Vi fanno parte anche altri giovani, tutti convinti della loro missione nel mondo corrotto e sordo, determinati a portare a termine ogni azione che decidono, ciecamente persuasi della giustezza delle operazioni al fine di punire chi sta rovinando la vita della gente con l’unico scopo di arricchirsi. Si vestono con abiti dimessi ma all’uopo sono eleganti e preparati per infiltrarsi nella buona società per compiere gli eclatanti atti che fanno molto rumore e arrivano anche nei notiziari della TV. Non è chiaro la fonte dei loro mezzi finanziari: l’unica certezza è che Benji era benestante ed ora, unico superstite di un grave incidente familiare, accoglie la compagnia nel bosco della sua proprietà, totalmente autonomi per sopravvivere isolati. Sarah, una volta infiltratasi, si è fatta accettare e gli altri le danno fiducia, e nel frattempo fa la spola tra loro e la base della sua società a cui riferisce i progressi delle sue indagini, in primis alla tenace Sharon, donna che la mette in guardia della pericolosità della sua missione. Questa si è accorta, con molta esperienza, che la ragazza sta cominciando ad avere troppa simpatia per quel gruppo di invasati, in special modo per il loro capo Benji. Anche Sarah sta avvertendo, infatti, di avere una certa attrazione sia per quel capogruppo che per gli ideali che li anima e che li spinge ad osare pericolosamente. Stando quotidianamente in mezzo a loro, ha osservato e ascoltato con attenzione ed ora ha percepito che le loro motivazioni di base hanno giustificazioni comprensibili, pur non essendo per nulla d’accordo sulla violenza delle azioni, che più che dimostrative, che sarebbe comprensibili e ammissibili, portano solo vendetta e morte.

Il film è una via di mezzo tra il thriller semi poliziesco (d’altronde la compagnia è privata e mira solo a fare affari con le società potenti ed affermare la propria professionale specializzazione) e il dramma personale di una donna che sta sul punto di abbandonare i propri principi per votarsi alla causa di un collettivo fuorilegge. È alla maturazione psicologica, lenta e progressiva. della protagonista che punta la macchina da presa di Zal Batmanglij e la bravissima Brit Marling si adopera efficacemente affinché noi possiamo percepire il cambiamento. Sarah ama il fidanzato con cui vive ma sa che sta camminando lungo un percorso, esistenziale e affettivo, che la conduce sempre più vicino a Benji e all’operato dei suoi accoliti. Nell’ambito del tipo di film, è forse prevedibile questo tragitto, si intuisce che lei è ormai cambiata e che finirà per tradire il suo datore di lavoro. Imprevedibile è invece la vera finale decisione e come utilizzerà i dati dei suoi anonimi colleghi per indurli a cambiare idea e portarli dalla sua parte. Ma per dedurlo dobbiamo attendere i titoli di coda, tra i quali alcune brevi scene ci mostrano il metodo che ha adottato.

Per capire il percorso artistico che è dietro le quinte della realizzazione del film e del tipo di cinema è interessante davvero conoscere come nascono le idee del regista Zal Batmanglij e della sua sodale coautrice e attrice Brit Marling. Il primo è, figlio di iraniani, nato in Francia ma è cresciuto a Washington e ha studiato a Georgetown, dove ha conosciuto Mike Cahill, altro interessante autore che proprio con la Marling si era fatto conoscere con il sorprendete Another Earth, un film più vicino a Melancholia che ad altre opere di sci-fi: è lì che ho avuto modo di notare l’attrice e di intuire le notevoli doti, rivolte più a film impegnativi - con argomenti esistenziali e filosofici, lontani dalle basse esigenze di cassetta e del successo facile - che però incuriosiscono per i temi trattati. Fatto sta che il nostro regista nel 2011 dirige il suo primo lungometraggio Sound of My Voice, scritto assieme appunto a Brit Marling, ovviamente anche interprete, che viene presentato in anteprima al Sundance Film Festival 2011 e ottiene una candidatura come miglior film d'esordio agli Independent Spirit Awards 2013. Poi arriviamo al film presente co-scritto dai due. Anche questo suo secondo lungometraggio viene presentato al Sundance Film Festival. Come si evidenzia, i due non amano film facili e semplici ma cercano argomenti fuori dai soliti schemi e che interessino un pubblico più esigente. Ciò non vuol dire che questo film sia straordinario ma è stimolante cercare di entrare nella mentalità di due entità così diverse e lontane: un collettivo pericoloso composto da giovani annebbiati dalle convinzioni e una organizzazione di servizi e spionaggio ai limiti della legalità. Due estremi che si combattono per scopi molto differenti. E che esistono a nostra insaputa, magari non lontano da noi. Una annotazione: che il film potesse essere uno stimolo alla curiosità degli spettatori esigenti e alla prospettiva di un cinema differente, lo dimostra la presenza, nell’operazione artistica, dei due fratelli Ridley e Tony Scott nella produzione. È pur sempre un buon biglietto da visita.

Per fortuna i giovani attivisti che animano le nostre strade sono profondamente pacifici e procurano solo gesti a volte molto fastidiosi se non inopportuni, ma lo scopo lo trovo nobile e apprezzabile, mentre le multinazionali, protette dai governi di tutto il mondo, operano al solo scopo del profitto, intanto che la Terra si sporca sempre più.

Eccellente come sempre la ammirevole Brit Marling, ottima la prova dell’inquietante Alexander Skarsgård, perfetto il contributo dell’allora Ellen Page, che fornisce una recitazione forte e convincente. Bravi comunque tutti gli altri, ognuno dei quali ha dato un buon apporto alla riuscita dell’intera opera. L’attrice protagonista sceglie pochi film a cui partecipa, a dimostrazione dell’oculatezza della sua carriera divisa tra la recitazione e la scrittura e lo dimostra il fatto che, tra il primo film citato e questo, la ritroviamo pupilla di grandi maestri dello schermo e del pensiero sociopolitico: è stata la Brooke figlia di Richard Gere in La frode e la Rebecca figlia di Robert Redford in La regola del silenzio - The Company You Keep. I suoi ruoli se li sceglie bene! Se questo film lo si vede in lingua originale si apprezza la finezza e le sfumature della sua recitazione. Bravissima!


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