The God Committee - La scelta
(The God Committee) USA 2021 dramma 1h28’
Regia: Austin Stark
Soggetto: Mark St. Germain (opera teatrale)
Sceneggiatura: Austin Stark
Fotografia: Matt Sakatani Roe
Montaggio: Alan Canant
Musiche: The Newton Brothers
Scenografia: Sally Levi
Costumi: Michael Bevins
Kelsey Grammer: dr. Andre Boxer
Julia Stiles: dr. Jordan Taylor
Colman Domingo: padre Dunbar
Janeane Garofalo: dr. Valerie Gilroy
Dan Hedaya: Emmett Granger
Peter Kim: dr. Allen Lau
Patricia R. Floyd: infermiera Wilkes
TRAMA: Un comitato per i trapianti di organi ha un'ora per decidere quale dei tre pazienti merita un cuore salvavita. Sette anni dopo, i membri del comitato lottano con le conseguenze di quella fatidica decisione.
Voto 5
Quando il cuore di un donatore arriva in un ospedale di New York, il destinatario muore. A causa di questa crisi inaspettata, il comitato per i trapianti di organi deve riunirsi entro un'ora per decidere quale degli altri tre pazienti attualmente in attesa meriti il cuore salvavita. Uno su tre, loro possono e devono decidere. In pratica, come se fossero Dio in persona, la angosciosa decisione è ora lasciata nelle mani di quattro medici e un sacerdote, tra cui Boxer (Kelsey Grammer), un cardiochirurgo esperto, studioso e brillante ma cinico; Taylor (Julia Stiles), una promettente idealista piena di grinta e dalle idee sempre più chiare; e Gilroy (Janeane Garofalo), una stanca burocrate che si mostra troppo sbrigativa e annoiata. Mentre il dibattito si surriscalda, l'etica e le offerte benefiche interessate si scontrano, lasciando i membri del comitato a chiedersi cosa sia più prezioso: la morale o il denaro?
A prescindere dal forte e incisivo contributo di padre Dunbar (Colman Domingo), un prete alquanto grintoso e pratico, dalle movenze moderne di un uomo più d’affari che di anime, e del remissivo e con la voglia sempre presente di tirarsi fuori dalle decisioni, dottor Allen Lau, (Peter Kim), i tre si incontrano regolarmente e con frequenza per discutere delle caratteristiche dei pazienti, delle loro esigenze e delle loro urgenze. Ma le loro conclusioni devono fare i conti anche con le esigenze di finanziamento dello stesso ospedale, trovandosi spesso in disaccordo su quali fattori dovrebbero avere la precedenza. Bisogna fare presto, molto presto, perché le condizioni dei malati non permettono di perdere tempo e il cuore che sta giungendo in elicottero non può rimanere nel contenitore troppo a lungo.
Gli scontri e i dialoghi sono duri e non si risparmiano neanche i colpi bassi. Tra loro evidentemente c’è del trascorso burrascoso, principalmente tra il non più giovane Boxer e la piacente dottoressa Taylor, che ha non pochi anni di meno, i quali hanno avuto una relazione ben nascosta agli occhi degli altri. Ognuno ha un carattere differente, come ovvio, ma questa caratteristica non è così scontata come parrebbe. Alla base dei disaccordi ci sono diversi motivi, principalmente dovuti a convinzioni personali, quindi a questioni di principio, e a convenienze private per carriera o di carattere finanziario, perché uno dei potenziali ricevitori del cuore è il figlio di un potente magnate, Emmett Granger, che ha promesso 25 milioni di dollari di donazione alla clinica nel caso (poco casuale) scelgano il suo prediletto.
Il sistema sanitario americano è basato soprattutto sul profitto, come è risaputo, e l’assistenza ai meno abbienti è un sogno difficile da realizzare anche per un Presidente e qui Austin Stark mette fortemente in evidenza la trasparenza e la limpidezza delle decisioni importanti con la sceneggiatura da lui scritta ricavata dall’opera teatrale di Mark St. Germ. Il regista è noto per il suo impegno in questo campo e nelle opere che mettono in evidenza questioni sociali e quelle legate alle malattie mentali, sia mediante un paio di lavori propri che parecchi altri nelle vesti di produttore (vedi per esempio il simpaticissimo Teneramente folle di Maya Forbes) e in questo caso si presenta prepotentemente nella diatriba tra salute e finanza.
Gli intenti sono notevoli e fortemente apprezzabili ma il film risulta macchinoso e lento, con dialoghi prolungati e il poco ritmo che dovrebbe invece dare la sferzata al film. Inoltre, i frequentissimi flashbacks, mai chiariti da accorgimenti messi bene in evidenza, creano un po’ di confusione nella lettura del film, non avendo mai a disposizione elementi per capire all’istante in quale momento temporale si trovi lo spettatore. Se la seduta del comitato deve essere in tempo reale di 60 minuti per prendere quella importante decisione, la parte restante del film dura tanto proprio per l’invadenza dei flash precedenti. Troppi e mai chiari all’impronta.
Inquadrature in primo piano per mostrare le indecisioni e i dubbi dei cinque che si assumono le responsabilità di concedere la vita o la morte (ecco il comitato di Dio) o le crisi di coscienza del personaggio principale, quel dottor Boxer la cui salute sta peggiorando di minuto in minuto. Il compito è felice e meritorio, ma la monotonia è in agguato, nonostante le buone prestazioni di Julia Stiles e soprattutto di Colman Domingo, che ha la forza dirompente di un guascone in clergyman, attore che mi ha molto colpito.
Sicuramente questi difetti sono tutti cinematografici, essendo questa piccola opera derivata da un lavoro teatrale, da cui risente quelle caratteristiche che al cinema andrebbero adeguate. Manca di velocità e presa, pur trattando un tema serio da prendere con le dovute cautele, perché ogni paziente dovrebbe avere gli stessi diritti di tutti gli altri sfortunati che hanno bisogno di cure.
Austin Stark deve crescere.
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