The Menu
USA 2022 commedia/horror 1h47’
Regia: Mark Mylod
Sceneggiatura: Seth Reiss, Will Tracy
Fotografia: Peter Deming
Montaggio: Christopher Tellefsen
Musiche: Colin Stetson
Scenografia: Ethan Tobman
Costumi: Amy Westcott
Ralph Fiennes: chef Julian Slowik
Anya Taylor-Joy: Margot
Nicholas Hoult: Tyler
Hong Chau: Elsa
John Leguizamo: Liebrandt
Janet McTeer: Lillian Bloom
Judith Light: Anne
Reed Birney: Richard
Rob Yang: Bryce
Aimee Carrero: Felicity
Paul Adelstein: Ted
Arturo Castro: Soren
Mark St. Cyr: Dave
Rebecca Koon: Linda
Peter Grosz: sommelier
TRAMA: Una giovane coppia si reca per un viaggio di piacere in un'isola remota, dove tra le altre cose ha programmato di mangiare in un ristorante esclusivo. Lo chef infatti è solito preparare menu strabilianti e soprattutto ricchi di sorprese.
Voto 5
Al secondo o al massimo terzo “Yes, chef!”, che viene urlato all’unisono dagli scattanti cuochi o vice chef che dirsi voglia, in sostituzione del militaresco “Yes, sir!” da caserma, si intuisce presto il clima che regna nella cucina del fanatico, presuntuoso e ferreo Slowik nel suo ristorante allocato su una misteriosa isoletta dove si giunge solo tramite un battello. Una cucina modernissima esposta, come è ormai di moda, alla visuale dei clienti e in cui i dipendenti-soldato del celebre cuoco preparano ricette di gastronomia molecolare non rarissime ma uniche e molto originali, che senza la spiegazione del grande capo (chef è solo un gioco enigmistico di scarto di chief) non si capirebbe mai cosa siano. Non è l’ambiente frenetico del regno dei grandi cuochi che urlano comandi per fare bene e in fretta tra il frastuono dei mestoli e delle pentole: spira piuttosto l’aria di orchestrali in religioso silenzio che attendono il gesto del direttore. E… CLAP!, il battito secco e sobbalzante delle sue mani aprono ogni volta il sipario mentale sull’esigua portata che sta per essere servita ai tavoli della dozzina di ospiti eccellenti che sono stati invitati da Slowik (fosse stato Slow Food sarebbe stato più gustoso) per una serata eccezionale di degustazione di piatti personalissimi e tutti da scoprire. Da celebrità nebulose dello spettacolo a critici che scrivono recensioni sui giornali (ovviamente fieri di stroncare), da riccastri che devono poi vantarsi di essere stati presenti (su invito, che onore!) ad adoranti appassionati venuti ad imparare, fino alla misteriosa imbucata Margot in coppia con l’estasiato Tyler, ragazza che nel corso dell’agitata serata diventa il clou mentale del thriller di Mark Mylod, regista più che altro di serie TV in maniera compulsiva (tipo l’immancabile Anya Taylor-Joy che viaggia alla velocità di tre film all’anno).
Per ripetere il nome dei piatti bisognerebbe rivedere il film e annotarseli, essendo termini improbabili e composti da ingredienti tra i più fantasiosi, il più semplice (?) dei quali è il “pane senza pane”. Il che è sufficiente per capire la serata. Ovviamente con vini che sono semplicemente il non plus ultra che si possa pretendere. Quello che domina sin dai primissimi minuti è l’atmosfera che si sta creando, tra il battito fastidioso (vero dalle mani di Ralph Fiennes, oppure creato dal tecnico del suono?) dello chef, l’urlo di obbedienza dei cuochi e il clima rigido imposto ai commensali che non riescono a fare un movimento o a dire nulla senza che non vengano scoperti e immediatamente rivelati a tutti, con il conseguente imbarazzo dell’autore. La prima persona a sentirsi scomoda, a cercare risposte plausibili e a voler reagire è, ovviamente, quella che pare l’intrusa, Margot, mai trascurata dallo sguardo indagatore dell’ospite/dittatore/manager, la cui espressione ci induce a dedurre che prima o poi avranno lo scontro che sta montando, definitivo e chiarificatore.
La serata, che si preannunciava interessante, evolverà in una progressione orrorifica di avvenimenti sconcertanti e sempre più violenti e cruenti, soprattutto sotto l’aspetto psicologico (psichiatrico, verrebbe da dire) con un gioco perverso tra il comandante in campo e i clienti, sempre più sbigottiti, confusi, terrorizzati. Fuga? Impensabile. Reazione fisica? Impedita da energumeni comparsi dal nulla. Vendetta, solo vendetta e malvagia ripicca per le critiche subite nel passato, costrizione fisica dettata da sadismo cieco, violenze a seconda dei soggetti a cui sono mirate (attori falliti, mariti fedifraghi), intermezzi horror degni di una setta di fanatici affascinati dal loro leader, ipnotizzati nella loro missione, in un quadro che sconvolge commensali indecisi tra pensare di essere spettatori di uno spettacolo geniale preparato in loro onore e quindi continuare a degustare (non mangiare, come dice il capocompagnia) oppure tentare un’azione di ribellione quando si rendono conto di essere in una trappola senza uscita. Questo menu non è à la carte: ormai, dopo una mezz’oretta, è chiaro che la serata è a tema, quella dello scivolo verso il precipizio.
È anche una anomala situazione filmica in quanto le vittime designate non impietosiscono lo spettatore perché sono così ripugnanti che quando li osserviamo, nel loro terrore, stimolano un sentimento non di pietà e compassione ma quasi meritevoli del destino che si sta fiondando su di loro: se all’inizio parevano solo persone ricche e antipaticamente pretenziosi del lusso, ora appaiono custodi di un passato da nascondere, per giunta gravati dall’atteggiamento spocchioso che li rende insopportabili. Le loro paure non sono le nostre e quel sadico padrone di casa è forse pazzo ma rappresenta la vendetta classista dello spettatore medio e certamente non ricco. L’unica che di sicuro non c’entra con questa masnada di gente è Margot. E lui lo sa, rendendosi conto che deve solo domare la sua esuberanza e la sua intelligenza, che non fa partito con gli altri clienti, una concentrazione selezionata di mostri della società borghese di attori in declino e giovani informatici arricchiti e cuochi incapaci di reagire ai soprusi, mariti infedeli e critici culinari che, masticando, sono fieri di aver distrutto carriere di cuochi d’eccezione. Una vendetta anche verso i critici del cinema? La svolta arriva solo quando Margot, allontanatasi con il pretesto di recarsi in bagno, scopre il passato di Slowik, che si era affermato nella ristorazione con menu molto più popolari benché cucinati alla perfezione, come il suo fatico cheeseburger con formaggio che non si scioglie, che potrebbe essere, se almeno riuscisse lo strattagemma, l’ancora della salvezza della giovane.
Durante la visione del film viene in mente la celebre barzelletta di Totò in cui lui prendeva ceffoni benché non fosse il Pasquale che l’altro pensava (E che me ne frega a me, che so’ Pasquale io!): questo regista, dove vuole arrivare? cosa ci vuole dire? e soprattutto cosa rappresenta? perché tanta crudezza teatrale? La risposta (e ciò succede spesso) è il nulla e quindi giudizio pessimo e tempo perso, oppure divertimento feroce sebbene condito di violenza quasi totalmente gratuita, e di conseguenza giudizio discretamente positivo. Per chi scrive l’impressione è la prima e questo era il timore preventivo a causa di una sensazione a pelle già a priori: le conferme sono arrivate durante la visione, con la conclusione che è, senza dubbio, un’idea originalissima, per giunta messa in scena molto bene tecnicamente, persino con sufficiente cura verso i personaggi, svelati con destrezza scena dopo scena, essendo tra l’altro non pochi, ma alla fine si avverte un senso di scarsa soddisfazione. Un gioco al massacro, che ricorda un po’ i film di Polanski, ma senza Polanski. Come dire, una sorta di “pane senza pane”.
Ralph Fiennes è un grande interprete, capace di spaziare tra i più differenti caratteri, dal sadico di vecchia data (come dimenticare il suo Amon Göth, ufficiale SS del campo di sterminio?) ai timidi personaggi di tanti altri film (The Constant Gardener - La cospirazione, tanto per fare un esempio) e qui si conferma ancora una volta abilissimo. Anya Taylor-Joy è nei panni di un ruolo che le si confà alla perfezione: nonostante la sua presenza inflazionata, anche questa volta è nel personaggio giusto. Il suo modo sicuro di recitazione e il tono mediamente basso della sua voce, dimostrano la sicurezza che ormai ha raggiunto e la padronanza sulla scena. Se poi ci sono nomi più o meno noti, a cominciare da Nicholas Hoult, John Leguizamo e Janet McTeer, sono solo funzionali al quadro complessivo ma sempre un passo indietro rispetto al duello psicologico tra i due protagonisti: il rigido Slowik e la flessuosa Margot.
In quanti se la caveranno? Il film poco, i personaggi… mistery!
Film divisivo, mescolanza di commedia nera, grottesca, paradossale, improbabile.
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