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Un bacio appassionato (2004)


Un bacio appassionato

(Ae Fond Kiss...) UK/Italia/Germania/Spagna/Belgio 2004 dramma 1h44’


Regia: Ken Loach

Sceneggiatura: Paul Laverty

Fotografia: Barry Ackroyd

Montaggio: Jonathan Morris

Musiche: George Fenton

Scenografia: Martin Johnson

Costumi: Carole K. Millar


Atta Yaqub: Casim Khan

Eva Birthistle: Roisin Hanlon

Shamshad Akhtar: Sadia Khan

Ghizala Avan: Rukhsana Khan

Shabana Akhtar Bakhsh: Tahara Khan

Ahmad Riaz: Hamid

Shy Ramsan: Tariq Khan

Gerard Kelly: prete

John Yule: preside


TRAMA: A Glasgow, in Scozia, i genitori pakistani di Casim Khan hanno deciso che sposerà sua cugina Jasmine. Sfortunatamente, si è appena innamorato di Roisin, l'insegnante di musica di sua sorella minore Tahara. Non solo è una donna bianca, ma è anche irlandese e cattolica, cose che potrebbero non andare d'accordo con i genitori di Casim. Iniziano una relazione ma il giovane è diviso tra seguire il suo cuore ed essere un buon figlio.


Voto 7

I film che esplorano le varie questioni inerenti le relazioni interrazziali sono certamente tanti nel panorama cinematografico e Ken Loach ne fa un’incursione personale non del tutto originale ma pur sempre personale, inserendo in modo prepotente altri fattori importanti come, per esempio, le rigidità religiose che condizionano le scelte dei personaggi. Quindi, dopo aver interrotto la sequela delle sue opere nell’ambiente del mondo lavorativo e dello sfruttamento operaio con Terra e libertà e Sweet Sixteen, continua la divagazione portando sullo schermo, con la sceneggiatura del solito fidato Paul Laverty, addirittura una storia d’amore, complicata dai due elementi citati: l’immigrazione e la rigidità dei dogmi della fede professata. Sembra persino strano che il maestro britannico volga l’attenzione ad una vicenda sentimentale, ma ciò sarebbe sia riduttivo che fuorviante, perché ciò che vuole dimostrare è ben altro: è il mondo degli immigrati, le vessazioni subite negli anni dalla popolazione locale, e le difficoltà evidenti nel rifiutare, da parte dei giovani, delle antiche tradizioni dettate dalla religione e dalla società di provenienza.

Siamo, e non è la prima volta per il regista, a Glasgow, dove scoppia la storia d'amore tra Casim, un giovane pakistano appartenente ad una famiglia che si è ben sistemata in città con una avviata attività commerciale, quindi un immigrato di seconda generazione, e la bella Roisin, una giovane donna cattolica separata da un marito di cui non sapremo mai nulla. Si sono conosciuti durante un turbolento episodio accaduto nella scuola che frequenta la sorellina del giovanotto e quasi all’istante è brillata la scintilla di simpatia reciproca e attrazione. Tutto sullo sfondo della moderna Scozia. Gran parte della trama ruota attorno alle dinamiche familiari di Casim, una famiglia musulmana piuttosto moderna ma molto legata alle tradizioni orientali, tanto che i genitori stanno provvedendo, come appunto si fa per loro consuetudine, a combinare il suo matrimonio, da lì a poche settimane, con una ragazza che deve arrivare appositamente dal Pakistan. Invece poco ci viene detto sulla famiglia e il passato di Roisin, una donna sempre sorridente, ben voluta dai suoi studenti a cui insegna musica e molto apprezzata anche dal direttore della scuola privata dove lavora, tanto da aver l’opportunità di diventare di ruolo.

Da entrambe le situazioni (matrimonio e promozione) nascono i seri problemi che condizionano la storia d’amore e influenzano non poco la relazione tra i due, inducendoli - alternando i momenti di gioia e felicità, di sesso e di vacanze - a discussioni e litigi, fino al punto di avere qualche dissidio e mollarsi più di una volta. Da una parte il giovanotto è intenzionato a vivere con la donna, facendo saltare i programmi di matrimonio combinato e provocando le accese reazioni del padre, che rivanga i tempi in cui veniva dileggiato dagli abitanti locali per motivi razzisti e gli sforzi e i sacrifici che ha compiuto negli anni per far studiare i figli e per costruire una bella e accogliente villetta per la famiglia compreso l’ampliamento che servirà a quella del figlio maschio. A ciò si aggiunge l’aspra opposizione genitoriale al sogno della sorellina Tahara che ha vinto una borsa di studio in un college di Edimburgo, con il conseguente trasferimento solitario. L’ambiente è questo e Casim, sebbene attratto dal sentimento che prova per l’insegnante, non ha il coraggio di fare la scelta definitiva tra l’amore o tenere contenti padre e madre, ormai esterrefatti e pieni, a sentir loro, di vergogna e disonore verso la loro comunità, termine che ripetono più volte. Entità che loro rispettano molto e da cui non vogliono estraniarsi per colpa del comportamento dei figli.

Dall’altra parte c’è Roisin, vittima due volte: a causa dei tentennamenti di Casim, sempre indeciso sulla strada da scegliere, e a causa del “certificato ecclesiale” (ma che è?) che la scuola (privata e cattolica) pretende per poterla confermare insegnante di ruolo. La scena in cui il severissimo parroco le chiede chiarimenti e pentimento sulla sua situazione immorale – vivendo da separata con un altro uomo – la mette in forte imbarazzo e a nulla serve reclamare la giusta privacy: quel colloquio che era iniziato in modo normale finisce in una discussione poco amichevole. Verrebbe da chiedersi se sia il compimento di un atto burocratico oppure una confessione nella canonica della chiesa. Scenata imbarazzante e devastante per la povera donna che ora sta rischiando di restare di nuovo sola e senza la promozione meritata. E difatti il preside le comunica che verrà trasferita in altro istituto. Roisin non è l’unica figura principale della storia però ne rappresenta le problematiche che Ken Loach vuole evidenziare e mettere fortemente in discussione. La questione interrazziale, con le sue complicanze sociali e di vita quotidiana, e quella del teismo con le sue regole indiscutibili e incontestabili, che danno spesso luogo a incomprensioni incomprensibili (scusate il gioco), condizionano fortemente la libertà della morale individuale, che passa così in secondo piano rispetto a quella accettata e imposta da una religione, qualsiasi essa sia. “Pensi di andare a letto con tizio, caio o Mohamed e poi andare da quei poveri bambini cattolici?” le urla il reverendo. “Quel tizio con cui vivi, è cattolico? O almeno, ha intenzione di convertirsi?”

Come piace a Ken Loach, si era partiti con uno scorcio da commedia, per giunta più lungo del solito nelle sue opere ed invece la seconda metà ci fa precipitare nell’apprensione dei due innamorati che vogliono costruirsi un futuro in armonia, anche se di ignota durata come tutte le storie sentimentali. Il nocciolo della questione è l’indecisione di Casim, pendolo umano tra seguire il cuore o assecondare le pressioni dei familiari, tra la bella Roisin che non sorride più come prima, anzi rattristata del tutto, e la sconosciuta cugina arrivata apposta dal Pakistan, tra – soprattutto – la felicità che pensa di aver finalmente trovato nella vita con la sua ragazza e con il sogno nel cassetto che sta realizzando con l’apertura della sua discoteca rivolta ad ogni tipo di giovane, e la scontata e predisposta vita in famiglia vivendo nell’ala che il padre ha fatto costruire appositamente per lui. E, attenzione, le difficoltà che incontra la sorella Tahara non sono per nulla secondarie né meno importanti della scelta che deve fare il protagonista.

Le persone che devono determinare il proprio destino siamo noi ogni giorno della nostra vita e questo scenario prospettato dal regista è realistico e capita spesso, specialmente nei luoghi dove più forte è la presenza dei nuovi arrivati, posti dove, nonostante le comuni discriminazioni, si verifica ormai sempre più il fenomeno della allegra e felice mescolanza delle persone di differente cultura, estrazione sociale, religione e colore, a cui i giovani, grazie a Dio, badano sempre meno ma che a tanti adulti fa storcere il muso. Quando va bene.

Sembrerà un tema lontano da quelli consueti di Ken Loach a cui lui ci ha abituati, non ci sono diseredati o operai licenziati, non c’è sfruttamento nel lavoro, eppure, evidentemente, lo ha interessato l’argomento scomodo e tuttora attuale, andando lancia in resta contro il razzismo e nello stesso tempo contro la mentalità nociva di chi, per mantenere intatte le tradizioni ataviche, compromette l’affermazione della personalità dei singoli individui allorquando devono prendere la propria strada scegliendo e, eventualmente, sbagliando. Una libertà legittima che non deve essere condizionata neanche dalle credenze religiose quando la limitano. Ovvio che sono riflessioni derivanti dal punto di vista personale dell’uomo Loach, notoriamente laburista e quindi facilmente considerabile, sentiti i suoi discorsi e visti i suoi atteggiamenti, comunista e ateo. Beninteso, il film non tratta i temi del radicalismo o dell’integralismo religioso, ma più semplicemente delle difficoltà dell’integrazione e della diffidenza tra mentalità differenti. Che, secondo me, se si vuole, si possono superare.

Qualche critico italiano, ai tempi dell’uscita del film nelle sale, non lo gradì, scrivendo di opera deludente dovuta al momentaneo vuoto di idee, di una banale storia d’amore osteggiata da fattori di mentalità. Eppure trovo il film interessante e riuscito, pur non essendo di certo tra i migliori del regista, pur non elencabile tra i suoi memorabili. Ma è sempre molto apprezzabile e ci fa riflettere sugli aspetti che ho cercato di esporre.

Come sempre attori sconosciuti, che però assolvono molto bene al loro compito. Chi si distingue su tutti, oltre al bel giovanotto Atta Yaqub (Casim), è l’irlandese Eva Birthistle (Roisin), davvero molto brava. Entrambi hanno proseguito poi con una buona carriera artistica dopo questa apparizione, lei soprattutto in serie TV.

Un lavoro fuori dai consueti argomenti per Ken Loach, quindi, ma non per questo sprecato, anche se sicuramente al di sotto delle aspettative che i suoi fedeli spettatori si possono attendere. La fiducia, in ogni caso, è sempre ben riposta. Di certo, è un film molto più leggero del consueto.

A proposito del titolo originale, “Ae fond kiss”, un bacio appassionato, è una canzone tradizionale su testo di Robert Burns (1759-1796), poeta scozzese, che viene eseguita proprio nella scuola di musica dove insegna Roisin.

Riconoscimenti

2004 - Festival di Berlino

Premio della giuria a Ken Loach

2005 - Premi César 2005

Miglior film dell'Unione europea


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