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Un gelido inverno (2010)

Aggiornamento: 14 giu 2023


Un gelido inverno

(Winter’s Bone) USA 2010 dramma/thriller 1h40’


Regia: Debra Granik

Soggetto: Daniel Woodrell (romanzo)

Sceneggiatura: Debra Granik, Anne Rosellini

Fotografia: Michael McDonough

Montaggio: Affonso Gonçalves

Musiche: Dickon Hinchliffe

Scenografia: Mark White

Costumi: Rebecca Hofherr


Jennifer Lawrence: Ree Dolly

John Hawkes: Teardrop

Kevin Breznahan: Little Arthur

Dale Dickey: Merab

Lauren Sweetser: Gail

Tate Taylor: Mike Satterfield

Garret Dillahunt: sceriffo Baskin

Sheryl Lee: April

Shelley Waggener: Sonya

William White: Blond Milton

Ron 'Stray Dog' Hall: Thump Milton

Ashlee Thompson: Ashlee

Cody Shiloh Brown: Floyd

Isaiah Stone: Sonny

Casey MacLaren: Megan

Ray Vaughan Jr.: Ray


TRAMA: Ree Dolly è una ragazza di diciassette anni molto determinata che vive nelle Ozark Mountains che si occupa della madre, psichicamente sofferente, e dei due fratelli più piccoli. La situazione si complica quando scopre che la loro casa e la loro terra sono state impegnate dal padre per pagare la cauzione ed essere messo in libertà, tranne poi non essersi presentato di fronte alla corte per l'udienza. Ree ha così solo una settimana per ritrovare il padre prima di perdere tutto quel poco che la sua già disastrata famiglia ha.


Voto 8

Basato sul romanzo di Daniel Woodrell e ambientato nei boschi dell’altopiano d'Ozark nel Missouri meridionale (tra l’Arkansas, l’Oklahoma e il Kansas, tra i fiumi Arkansas e Missouri), il film segue l'indomita diciassettenne Ree Dolly (Jennifer Lawrence) mentre perlustra le colline e le valli cosparse di pini vicino alla sua casa di legno alla ricerca dell’improvvisato e rudimentale laboratorio dove il padre produceva e poi spacciava metanfetamine prima si scomparire, dato che aveva messo a garanzia la casa e il bosco di famiglia per la cauzione per la libertà provvisoria dopo essere stato beccato e arrestato. Ma nello stesso tempo, la giovane ragazza si deve prendere cura della madre malata e del fratellino e della sorellina più piccoli, di 12 e 6 anni. I terrificanti parenti fuorilegge di Ree non sono affatto contenti che lei faccia domande e che rispolveri il passato: la minacciano prima velatamente poi passano alle vie di fatto per spaventarla e farla desistere definitivamente, perché, anche se le voci corrono veloci in quelle colline, tutto venga messo a tacere. Chiaro segnale che difficilmente il padre sia ancora in vita, essendo troppo compromesso con le altre famiglie della zona. Anche se in quella vallata son tutti parenti, di primo, secondo o più gradi, il corporativismo di alcune famiglie ha creato una guerra che tanto fredda non è.

Nulla intimorisce Ree, nulla può far diminuire il suo forte senso della famiglia e della protezione verso quei due bimbi che da lei dipendono, sia come istruzione basica che come addestramento alla vita. In giro da mane a sera nei boschi, prova ad insegnar loro un po’ di aritmetica e di grammatica, non disdegnando mai di iniziarli a guardarsi le spalle e a sopravvivere, con lezioni di come usare una carabina per cacciare gli animali del bosco e quindi procacciarsi del cibo, oppure come scuoiare gli scoiattoli per sfamarsi. E se il fratellino prova schifo ad aiutarla in questa operazione, lei lo obbliga: “C’è un bel mucchio di cose di cui dovrai smettere di avere paura”. Lei vuol salvare la casa, unico possedimento assieme al bosco da cui ricava legna per riscaldare, perché ciò rappresenta l’unione della famiglia prima che qualcuno le porti via i due piccoli. La madre, sempre sotto farmaci che l’hanno intontita, è un altro peso, ma lei non la mollerà mai. Il vero ed unico problema è rintracciare il padre, più che mai uccel di bosco, prima che il tribunale confischi la casa. Sarebbe anche disposta a partire militare, dato che l’esercito cerca volontari che firmino per la leva per 5 anni con 40.000 dollari all’anno di stipendio, ma non potrebbe mai portarsi dietro – come si illude – i due bimbi, e poi, diomio, ha solo 17 anni!

Ad aiutarla, ma inizialmente malvolentieri, c’è solo lo zio Teardrop, il fratello del padre, sempre misterioso sulle sorti dell’uomo ricercato dalla polizia e dalla figlia, che le intima continuamente di lasciar perdere. A quanto pare, tutti son del parere di lasciar perdere, chissà perché: chi è veramente suo padre, cosa ha combinato, chi ha danneggiato e, soprattutto, che fine ha fatto? È ancora vivo? E perché le famiglie dei dintorni la minacciano affinché smetta di indagare e far domande? Salendo e scendendo per le colline boscose alla sua ricerca, o almeno di notizie, affronta l’inospitalità di quelle donne che dovrebbero accoglierla come parente, ed invece nulla, anzi cade persino in trappola e viene picchiata addirittura proprio da loro, dato che i maschi sono rimasti in disparte ad osservare: troppo giovane e tenera quella minorenne, loro la massacrerebbero. Ma anche le donne le fanno male sul serio, tanto male e senza l’intervento dello zio Teardrop chissà se ne sarebbe uscita viva. No, non si arrenderà mai, fino a far decidere la più astiosa e violenta delle nemiche, Mera, di invitarla di nuovo e condurla, stavolta senza violenza, nel luogo dove troverà finalmente le risposte che cerca.

Perlomeno sarà un chiarimento e la conclusione dell’affannosa e pericolosissima ricerca e quando inaspettatamente l’incaricato del tribunale le consegnerà la somma di denaro che uno sconosciuto aveva anticipato come cauzione e che non ha più ritirato, Ree intravvederà la fine della vita di merda che conduceva e qualcosa di positivo si staglierà all’orizzonte. La casa è salva e con quella la famiglia per cui ha combattuto tanto e di cui porta ancora i segni sul viso e un dente in meno. E quando il piccolo le chiede se è vero che con quei soldi partirà e se è vero che vuole arruolarsi “Come farei a vivere senza il peso di voi due sulle spalle?”. Li stringe a sé, mentre sui titoli di coda i Dirt Road Delight, sulla base musicale del bluegrass, cantano “‎Possa Egli condurvi alla salvezza / Qualunque cosa abbia contro di voi / Possa Egli aprire un cammino verso la gloria / Verso la terra promessa‎.”

Winter’s Bone, un freddo che penetra nelle ossa, un inverno così gelido che la straordinaria Debra Granik (che viene dalla fotografia) riesce a mettere in immagini come un elemento visivo, un freddo che si respira e che fa condensa nel respiro degli uomini e degli animali in quel paesaggio rurale di desolata disperazione, che si concretizza nel buio di un lago che contiene il segreto. In quello scenario inospitale Ree si immerge senza calcoli, rischiando un inutile martirio pur di arrivare alla verità. Eroina spinta da grinta e volontà inarrendevoli che meraviglia e sconcerta chi la vuole punire per tanta spudoratezza, che resiste a tutti con una sorta di fede cieca almeno per dimostrare che c’è un motivo per cui il padre è stato eliminato, perché altrimenti non ci sarebbe mai stato una ragione per cui li avrebbe abbandonati nel momento di maggior bisogno. Un freddo osseo che gela l’acqua del lago che bagna le mani e la braccia quando lei deve calarle nel buio notturno.

Thriller drammatico dove la tensione è palpabile in ogni scena, ambientato in un luogo naturale dove anche i boschi diventano personaggi: la macchina da presa di Debra Granik crea una qualità di toni di colori incredibili e penetranti, intensi come la storia, che è avvincente e stratificata, che non fa respirare. Thriller anche naturalistico saturo di piccoli dettagli rivelatori di autenticità ambientale che fa vivere quelle montagne come testimoni silenziosi di quello che accade, dell’asprezza della natura e degli uomini, di una vita povera fatta di fatica e accette, di legna e stalattiti di ghiaccio, di un cavallo che non mangia da tre giorni. Enorme la qualità della regia di Debra Granik, che si è messa a lavorare sul romanzo di Daniel Woodrell già dal 4 anni prima per studiare le abitudini di un popolo ostico che guardava male la troupe di quegli estranei arrivati a disturbare i loro ritmi, gelosi della loro comunità così chiusa di rednecks vestiti di pelle e stivaletti, suonatori di bluegrass in occasione di anniversari. La regista/sceneggiatrice (che è tornata nel lungometraggio con il bello ma non altrettanto intenso Senza lasciare traccia), per restare fedele ai riti rurali della popolazione, ha persino chiesto di poter filmare gli abitanti nella loro esistenza quotidiana, per osservarli cacciare scoiattoli, tagliare la legna, cuocere le patate, suonare il banjo e prendere cura degli animali. Pare chiedesse con estrema cortesia: “So che sembra strano, ma posso girare un piccolo video mentre parli con i tuoi cavalli?” Una vera artista delicata e obiettiva, che ha saputo entrare e farci entrare in un mondo a parte, dove il mondo sembra essersi fermato ai tempi del West, dove il microcosmo di Ree è in realtà senza tempo, in cui se non vedessimo i moderni, anche se malandati, pickup con cui vanno in giro per lavoro o per il bar per la serata alcolica, penseremmo di essere chissà in quale epoca.



Il film piacque immediatamente alla giuria del Sundance del 2010, tanto che aggiudicò alla regista il Gran Premio, che praticamente rappresenta la migliore opera di quell’anno, ma poi ha raccolto premi in tutto il mondo (anche in Italia) e la prova magistrale di John Hawkes, attore validissimo che non ha mai più trovato un ruolo così difficile e bello, tanto da ricevere numerose nominations. Ma la chiusura è d’obbligo dedicarla ad un’attrice che già mi era rimasta in mente con un altro film di due anni prima (The Burning Plain - Il confine della solitudine) per il quale avevo (modestamente) scritto che quella ragazzina avrebbe avuto un futuro certissimo: Jennifer Lawrence. All’uscita di questa pellicola aveva 20 anni ed aveva recitato solo in film drammatici, dimostrando specialmente in questa occasione la notevole versatilità per il genere, poi purtroppo (ma per sua fortuna) la fama e la ricchezza sono arrivate con le commedie americane, con qualche puntata nei film d’azione e di fantascienza. Eppure, brava come qui non l’ho mai più rivista: intensa come mai, compenetrata del ruolo, recitazione degna di una navigata interprete, che le sono valse le candidature non solo per gli Oscar e i Golden Globe ma anche per tutti i maggiori premi anglosassoni. Una conferma, per me, dopo la rivelazione del film precedente: non è facile far ridere e divertire, non c’è dubbio, ma per una performance drammatica di questo livello bisogna essere dotati e Jennifer Lawrence, per questi ruoli, lo è!

Potrebbe essere un romanzo di formazione ma Ree è formata dalle circostanze già da tempo e l’incalzare del thriller prende ben presto il sopravvento.

Bellissimo film.

Riconoscimenti

Premio Oscar 2011

Candidatura miglior film

Candidatura miglior attrice protagonista a Jennifer Lawrence

Candidatura miglior attore non protagonista a John Hawkes

Candidatura migliore sceneggiatura non originale

Golden Globe 2011

Candidatura miglior attrice in un film drammatico a Jennifer Lawrence


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