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Un mondo a parte (2024)

Un mondo a parte

Italia 2024 commedia drammatica 1h53’

 

Regia: Riccardo Milani

Sceneggiatura: Riccardo Milani, Michele Astori

Fotografia: Saverio Guarna

Montaggio: Patrizia Ceresani, Francesco Renda

Musiche: Piernicola Di Muro

Scenografia: Giovanni Gervasi

Costumi: Alberto Moretti

 

Antonio Albanese: Michele Cortese

Virginia Raffaele: vicepreside Agnese

Alessandra Barbonetti: Maria Antonietta

Corrado Oddi: preside Gaetano

Sergio Meogrossi: Ezechia, sindaco di Castel Romito

Carmelo Gentile: Onofrio, sindaco di Rupe

Franca Di Cicco: Luigia, provveditore

Sergio Saltarelli: collaboratore scolastico Nunzio

Paolo Setta: maresciallo dei Carabinieri

Duilio Antonucci: Duilio

Tiziano Gentile: Gerardo

 

TRAMA: Michele decide di lasciare Roma e trasferirsi in un paesino morente, Rupe, nel Parco Nazionale d’Abruzzo. Il luogo è idilliaco ma sorgono problemi per salvare la scuola composta da pochi alunni, dove lui aveva chiesto di insegnare.

 

Voto 6



La montagna lo fa”. Lo fa. Ma cosa fa? Michele se lo sente ripetere infinite volte ed alla fine lo ammette anche lui, convintamente. Se n’è accorto, la montagna fa cambiare le persone, fa effetti strani, si cambia, ci si convince che, arrivato con idee differenti dai locali, poi si rende che avevano ragione loro e lui ha cambiato idea, si è convertito alla nuova mentalità e che la vita e le scelte di cui era convinto assertore ora non contano più. La montagna lo fa ha anche significati più ampi, perché, in pratica, si diventa diversi e si ragiona in modi differente. Semplice. Lo stupore è che lui non ci aveva mai pensato prima, perché non lo poteva prevedere.



Cosa e come lo ha cambiato è la storia della sua esperienza dopo aver chiesto, tra la meraviglia del preside e dei colleghi della scuola elementare periferica di Roma dove presta servizio, di essere temporaneamente trasferito in un qualsiasi paesino sperduto sugli Appennini abruzzesi e siccome è una richiesta che nessuno fa e farebbe mai, è stata facilmente accolta. Da dove parte è uno di quei plessi scolastici in cui gli alunni considerano l’insegnante meno del loro amico più scarso e se lui alza la voce, pretende di farsi rispettare o ordina di spegnare lo smartphone, il bambino di turno gli dice di calmarsi altrimenti chiama il genitore per “ammazzarlo di botte”. Lui non ci fa neanche più caso: se negli Stati Uniti sparano, in Italia ti picchiano per una insufficienza data ad un alunno.



In particolare, succede questo. Michele Cortese (Antonio Albanese), insegnante elementare nella scuola romana Alberto Moravia, insoddisfatto della vita professionale condotta nella grande città, decide di dare una svolta alla propria esistenza trasferendosi nel piccolo paese marsicano di Rupe nel cuore del parco nazionale d’Abruzzo. Ma una volta arrivato (che fatica con tutta quella neve! “L’ho trovato! Non so se è morto assiderato o se se lo sono mangiato le lupe”), dalla vicepreside Agnese (Virginia Raffaele) scopre ben presto che dovrà tentare tutto il possibile per mantenere aperta la piccola scuola intitolata a Cesidio Gentile, il “pastore poeta” abruzzese noto come Jurico.



La scuola pluriclasse (una classe unica, composta da bambini dai 7 ai 10 anni), a causa del calo demografico particolarmente accentuato nelle aree interne e quindi per scarsità di nuove iscrizioni, sembra essere destinata alla soppressione e al conseguente accorpamento con la realtà scolastica di un centro turistico dell’Alto Sangro, il paese immaginario di Castel Romito, il cui sindaco ha tutto l’interesse affinché ciò avvenga (anche per interessi personali). Attraverso alcuni stratagemmi e il particolare impegno degli insegnanti, la scuola verrà invece salvata, divenendo così un simbolo di speranza per il futuro dei piccoli comuni delle aree montane.



Riccardo Milani, che ha frequentato sin da bambino la terra abruzzese e si sente legato affettivamente a quei luoghi, ha scelto il tono della commedia per esporre sia i problemi che la scuola italiana ha ormai da anni, mai risolti, sia quelli legati alla denatalità in generale e all’esodo della povera popolazione che abita località che non offrono un sicuro futuro alle giovani generazioni. Quindi emigrazione verso le grandi città che danno migliori possibilità di lavoro e di creazione di famiglie. La conseguenza immediata è il depauperamento delle classi, in special modo nelle scuole primarie, tanto che la classe in cui si svolge il film è costituita da un pugno di bambini di diversa età e il maestro temporaneo di turno (se ne scappano tutti per le difficoltà oggettive e per il duro clima invernale) deve organizzare le lezioni differenziando gli insegnamenti e i compiti.



Basti osservare che la scuola, dedicata al pastore-poeta, una sorta di eroe ignorante e analfabeta ma autodidatta e scrittore di poesie morali e bucoliche, è gestita dalla vicepreside Agnese, da Maria Antonietta (Alessandra Barbonetti) che cambia almeno tre scuole site in paesini diversi nella stessa giornata e dal bidello (oggi si dice collaboratore scolastico) Nunzio (Sergio Saltarelli). Il minimo, insomma, dato che il preside lavora nella scuola del paese limitrofo più grande e di là fa tutto il possibile per far chiudere la classe in questione per ingrandire la sua e continuare a curare i propri interessi. Le regole della Pubblica Istruzione sono chiare: se la benedetta classe scende sotto gli 8 elementi verrà chiusa e questo sta per accadere. Come salvarla? Tutto il film ci narra gli espedienti, al limite del lecito e del legale, che i quattro si ingegnano per raggiungere lo scopo.



Giocando a pingpong tra il dramma dei bambini che non vogliono cambiare scuola l’anno seguente e non far sparire la scuola simbolo di vita, e i dialoghi comici caratterizzati dal simpaticissimo dialetto abruzzese dei disperati salvatori, il regista ci intrattiene tra il serio ed il faceto, facendo gocciolare stille di umorismo facile e folcloristico, utilizzando i vari personaggi come marionette di una storia popolare. Cucendo una trama leggera ma impegnata, affinché la comunità veda salva la scuola del paesino, un’umanità variegata si affaccia: immigrati nordafricani di altri comuni invitati ad abitarci a suon di comodità gratuite (fibra, piattaforme in streaming, mega televisori) e profughi ucraini appena sbarcati. Dopo 40 anni di lavoro, il Michele coprotagonista della vicenda rinuncia ai suoi ideali ecologisti (credeva di andare a vivere nel paradiso terrestre ed invece si trova in trincea) e si arma di pazienza per aiutare la battagliera collega Agnese che ogni giorno fa la spola con Sulmona dove abita. I nemici sono tanti: le regole dei Provveditorati, il sindaco di Castel Romito che ha dichiarato guerra a quel piccolo borgo, qualche cittadino retrogrado. Infatti, la storia si complica anche per via di una coppia di genitori che ostacolano violentemente l’amore lesbico della loro figlia, elemento che fa intervenire un intermezzo drammatico. Bisogna avere pazienza e voglia di resilienza, perché questo è un mondo a parte e menomale che anche chi arriva, come Michele, si adegua. Perché, s’è capito, no? “la montagna lo fa”. Fa questi miracoli.



Un po’ di commedia, un po’ di impegno sociale e naturalistico e po’ di cinismo con l’utilizzo dei bimbi ucraini: la miscela intrattiene senza mai diventare un film memorabile. Il finale si sa, deve essere felice e confortare, non è un soggetto da tragedia, per cui l’happy end è obbligatorio e un po’ di retorica diventa inevitabile. Però si sorride e si ride per le battute in vernacolo e qualche imprecazione marsicana, mentre Michele sorride osservando i lupi e mamma orsa che scorrazzano sullo spesso manto di neve. La spontaneità di grandi e piccini - in gran parte reclutati dal regista nei paesini della Marsica a cui sono affidati ruoli di rilievo - fa il resto nell’avvolgere lo spettatore in una vicenda molto reale e che non ha la pretesa di essere edificante, ma solo di ricordarci in quale situazione versa il nostro Paese in posti isolati e dimenticati e quella della povera scuola italiana.



Antonio Albanese (che ha lavorato più volte col regista) ripete il suo tipico personaggio e viaggia col pilota automatico, sempre bravo. La sorpresa può essere considerata Virginia Raffaele, che è davvero discendente da quelle terre, e si cala nei panni della maestra in guerra contro il sistema con molta grinta e determinazione, riuscendo a risultare credibile, brava negli sguardi e nell’ironia che certo non le manca. Il resto è costituito da una truppa simpatica che si segue e si ascolta con piacere.



Nulla di pretenzioso, tutto si dipana nella cornice della commedia italiana di questi tempi, genere che Riccardo Milani sa come trattare, senza strafare e neanche senza uscire dai canoni ordinari. Il suo compito lo spiega così: “Io credo che da questi piccoli borghi arrivi un segnale molto forte che dovremmo cogliere noi che viviamo nell’altro ‘mondo a parte’. Risolvere i problemi nel concreto, superando le divisioni, i muri, le differenze ideologiche, politiche, sociali ed economiche, credo sia importante. Fare le cose utili e giuste serve sempre. Questi sono invece tempi in cui la divisione è dominante perché ci si abitua al peggio (parole di Agnese nel film). Il perdere tutto un po’ alla volta, il rassegnarsi, sono cose molto pericolose. Credo che a volte sia necessario alzare la testa, guardarsi attorno e iniziare a dire dei no.”

Un film che si può definire onesto, il che non è poco.



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