Volare
Italia 2023 commedia 1h40’
Regia: Margherita Buy
Sceneggiatura: Margherita Buy, Doriana Leondeff, Antonio Leotti
Fotografia: Toni Canevari
Montaggio: Francesca Calvelli
Musiche: Pasquale Catalano
Scenografia: Giada Calabria
Costumi: Gemma Mascagni
Margherita Buy: Anna Bettini
Anna Bonaiuto: Mariolina
Elena Sofia Ricci: se stessa
Giulia Michelini: Roberta
Roberto De Francesco: Giovanni
Maurizio Donadoni: Aldo
Pietro Ragusa: Fabio
Oscar Matteo Giuggioli: Michele
Alice Ferri: Chiara
Eros Galbiati: Denis
Ahmed Hafiene: Fariborz
Caterina De Angelis: Serena
Francesco Colella: comandante Eugenio Riva
Vanessa Compagnucci: psicologa
Euridice Axen: Cristina
Massimo De Francovich: Corrado Bettini
TRAMA: AnnaBì è un’attrice di grande talento, ma è attanagliata da un’irrazionale paura di volare e rischia di mettere a repentaglio la grande opportunità per raggiungere il successo internazionale non trovando la forza di prendere un aereo per la Corea del Sud. Quindi, ora che oltretutto la figlia sta per trasferirsi in California dove proseguirà gli studi, AnnaBì decide di iscriversi a un corso specifico organizzato da una compagnia aerea: una terapia di gruppo pensata per fornire un aiuto alle persone con la fobia per il volo.
Voto 5
Innumerevoli attrici e attori subiscono il fascino di scavalcare il confine con la macchina da presa e posizionarsi ad inquadrare le scene e dare ordini alla troupe e realizzare così il sogno di dirigere un film, magari su argomenti che sono stati sempre a cuore, altre volte su soggetti che hanno letto, letterari o no, oppure non raramente succede che la spinta derivi da parti della propria vita che vogliono raccontare in prima persona. Meglio ancora interpretando il personaggio protagonista, cioè se stessi. Sicuramente è quest’ultimo il vero motivo che ha fatto decidere Margherita Buy a compiere il passo, sebbene dopo tante riflessioni, e a parlare della sua vita di attrice e dei problemi che ha affrontato nel corso della sua lunga carriera.
Evidentemente influenzata da chi l’ha diretta tante volte, a cominciare da Carlo Verdone, altra figura rappresentata da dubbi e complessi mentali, almeno come ama rappresentarsi, la Buy si disvela sinceramente raccontando in maniera vagamente (o strettamente?) autobiografica il suo mo(n)do di attrice e di donna che deve affrontare il frenetico vivere tra set, viaggi, agenti, controfigure, proposte decisive per la carriera. Relativamente ai viaggi, il problema principale è il mezzo di trasporto e quando si tratta di dover prendere un aereo nascono i patemi e il terrore. Aviofobia, un bel problema, per chi ha paura di decollare e viaggiare tra le nuvole. Viene da dedurre che questo film d’esordio rappresenti ancora una volta il lettino dello psicoterapeuta su cui molti artisti scelgono di sdraiarsi e confidare le proprie paure, i traumi e difficoltà che voglio superare. L’esordiente ha scelto proprio di fare così, confessando al pubblico le proprie fobie, specialmente una, la più fastidiosa, apparentemente insuperabile.
Prendiamo il caso specifico della trama. Anna Bettini, in arte AnnaBì (Margherita Buy) è un’attrice che a un certo punto della sua carriera si trova costretta a fare i conti con una paura che paralizza tutta la sua vita: quella di volare. La donna, che si rifiuta di prendere l’aereo, si costringe ad accettare ruoli piccoli, che mortificano il suo talento, perdendo una dopo l’altra le occasioni che le farebbero compiere il salto di qualità, tra cui un film con un regista coreano di fama internazionale. Ma il volo di alcune ore per giungere in Oriente non è solo un’impresa, è fuori discussione. Messa alle corde dalla sua agente Mariolina (Anna Buonaiuto) e dal trasferimento improvviso dall’altra parte del mondo di sua figlia Serena (Caterina De Angelis, vera figlia di Margherita Buy), si decide a frequentare un corso per vincere la sua paura e dare finalmente una svolta a tutto. Al corso, oltre a scoprire che la sua fobia è più frequente di quello che immaginava, la donna finisce col mescolarsi con un’umanità varia che la traghetterà verso una nuova fase della sua esistenza.
Serviva un buon cast di attori conosciuti e un ambiente adatto, quello di un aeroporto e di una fusoliera (vera o ricostruita non ha importanza). Se poi si deve inquadrare un aereo dall’esterno, a terra o in volo, meglio – avranno immaginato – se diventa uno spot per la compagnia di bandiera italiana, la ITA Airways, il cui blu domina le sequenze di volo. Product replacement o no, sponsor o no, certo non ci sono dubbi dove si è rivolta la produzione. Anche se il film inizia con una breve scena in cui la protagonista scende dalla scaletta dell’aereo per introdurci nel nocciolo della questione a solo scopo introduttivo, si viene catapultati immediatamente nella vita frenetica, non dal punto di vista artistico ma mentale, di AnnaBì che si reca dalla sua agente Mariolina per lamentarsi delle scelte che questa sta operando a proposito del suo lavoro. Per vari motivi è costretta ancora a girare la quinta stagione di una serie televisiva di grande successo ma lei ne è stanca, vorrebbe un’occasione migliore, che però è in Corea. Corea? E come arrivarci? Non se ne parla neanche! Anche se ciò comporta che verrà ingaggiata la sua rivale Elena Sofia Ricci. Amiche-nemiche, come da manuale.
Viene da pensare che ci sono troppi cliché, visti e rivisti, ma si sa, la vita delle star è così e quindi ritroviamo le tipiche nevrosi immancabili. Per vincere la fobia non resta che affidarsi ad un gruppo di sostegno (tipo quelli che vediamo nei film americani) in cui un comandante pilota (Francesco Colella) e una psicologa (Vanessa Compagnucci) aiutano una decina di persone affette dalla medesima paura e provare ad effettuare il primo volo tutti assieme. Emergono in tal modo i caratteri dei vari personaggi, ognuno con le motivazioni da cui è derivata la fobia: una fauna diversificata di persone delle più varie, dalle più diverse estrazioni, una umanità variegata (perfino un arabo islamico dalle parvenze di terrorista, il buon Ahmed Hafiene, irriconoscibile protagonista premiato del bellissimo La giusta distanza di Mazzacurati, mascherato da sembrare il sardo Benito Urgu: mi chiedo perché) che serve al copione a creare situazioni pseudo-comiche e intrattenere lo spettatore tra una scenata e l’altra della diva: una volta con l’attrice rivale, un’altra con Mariolina che la sta tradendo con quell’altra affinché il film coreano diventi un’opportunità, con il parrucchiere, con la figlia - che vorrebbe accompagnare a Stanford in California dove si recherà a studiare - ma non riesce a decidersi a superare l’handicap del volo e così via. L’unica oasi è lo studio del vecchio padre Corrado (sempre fantastico Massimo De Francovich), dove si rifugia e parla da cliente di terapeuta.
Tra una vicenda e l’altra, tra un isterismo e l’altro, tra il set della serie TV in tilt e il regista impaziente perché lei non si presenta per la voglia di viaggiare con la figlia Serena e con il marito separato, tra alti e bassi delle paradossali situazioni, in special modo quella con Cristina (Euridice Axen) ex amante del capitano (una vicenda che sembra un’intrusa fuori dal contesto del film, un pretesto per allungare il brodo) o quella con la incontenibile Roberta di Giulia Michelini (ma perché la Buy l’ha fatta recitare così?), anch’ella madre e moglie che non riesce a viaggiare con la famiglia. Per le tante discussioni nell’aula del gruppo di sostegno, con mille osservazioni dei componenti che discutono sempre animatamente, come avversari odiati (e ancora, perché?), la Margherita Buy regista si impegna con molte inquadrature ed un montaggio frenetico, cercando un ritmo elevato alla narrazione, che infatti non conosce soste se non, appunto, i pacifici colloqui tra la protagonista ed il padre, la figura meglio riuscita dell’intero parco, che ascolta con distacco la figlia come una malata e intanto si dedica con tutta l’attenzione al cruciverba che ha sulla scrivania. Anziano e malandato in salute, lo vedremo salutato nell’unico momento serioso.
Veniamo così a conoscenza di un piccolo scorcio della vera Margherita Buy, che - come si è sempre rappresentata e come sempre l’hanno voluta i suoi tanti registi, a cominciare da Sergio Rubini dal lontanissimo exploit in La stazione (notevolissimo esordio del barese) - si è riprodotta per se stessa: insicura, agitata, bisognosa di aiuto psicologico, paurosa (anche di volare), sorriso nervoso, di idee cangianti da un minuto all’altro. AnnaBì è lei, senza dubbio, per giunta seguita dalla vera figlia (che brava e che bella è Caterina De Angelis, sembra Liv Tyler), accerchiata da vecchi e nuovi mestieranti (nel miglior senso) che sanno cavarsela in commedia facili come questa. Eccellente Anna Bonaiuto, come sempre. Se il film ha un pregio (tra i pochissimi) è che l’autrice, che ha scritto il copione in compagnia, ha saputo sfruttare al meglio una delle sue doti principali, la sua capacità di scherzare su di sé e sulle proprie debolezze con disinvoltura, forse anch’essa frutto di un’ansia da prestazione da cui il cinema non risparmia nessuno e di cui lei non ha mai fatto mistero nonostante la notorietà raggiunta. Ha puntato soprattutto sui personaggi e l’effetto, per quanto semplice, è efficace a restituire il suo sguardo ironico sulle storie e gli ambienti decritti. In modo particolare, è come se l’attrice avesse anche voluto consentire allo spettatore di sbirciare per un attimo dentro il dorato mondo del cinema rivelandone i piccoli difetti, ma sempre con il sorriso.
Riuscito? Non direi del tutto, spesso dà l’idea di essere banale e le risate, quelle vere, non arrivano mai. Film che si fa guardare ma si passa oltre. Prodotto anche da Marco Bellocchio, che si è tirato dietro la sua montatrice preferita, la premiatissima Francesca Calvelli, davvero brava, l’opera d’esordio è la dimostrazione di come l’attrice abbia saputo superare il timore di non essere in grado di farlo. Non per nulla racconta: “Volevo raccontare una storia che parlava molto di me e delle mie esperienze. E sentirmi ripetere la frase ‘ma no, questo film lo devi fare tu’ mi ha aiutato a capire che affidarlo a un’altra persona avrebbe portato a un film probabilmente più bello, ma meno personale.” È se stessa anche quando racconta la vita del set da regista che la mandava quasi in stress: “Ero impegnata nella regia e qualcuno mi ricordava che toccava a me andare in scena. È un massacro. Sei sempre in movimento, devi controllare se si sta preparando il set successivo senza trascurare le luci della scena che giri in quel momento, o vedere se il movimento di macchina è venuto come lo volevi. Non è una cosa semplice, anche se molti fingono che lo sia. Invece sembri Ridolini, ti muovi a velocità multipla come in quei film muti di tanti anni fa.” Lei, non è così anche nella vita?
È la prima volta, la si perdona, ma altri come lei hanno fatto molto ma molto meglio: Zamora di Neri Marcorè o Felicità di Micaela Ramazzotti, giusto per farne un paio, sono esempi positivi, di idee riuscite, di film che hanno un’anima chiara. Oltretutto, se ha già raccontato dei suoi patemi, ora, siccome non è Allen, dovrà pescare soggetti e argomenti differenti e magari lontani dalle sue manie. Per ora, il suo primo progetto si è rivelato un tantino banale, persino nel post guarigione, allorquando prende finalmente il suo primo volo per la California e (parafrasando Hannah Arendt) il male della banalità si manifesta con il “Volare” di Modugno mentre vediamo il blu dell’aereo italiano nel blu del cielo. Che dire, non è proprio una genialata.
Vedremo in futuro se farà passi avanti.
Riconoscimenti
Nastro d’Argento 2024
Candidatura miglior film commedia
Candidatura miglior attrice in un film commedia ad Anna Bonaiuto
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